-Ti rendi conto che non ti ho neanche chiesto cosa fai nella vita?!
-Io nella vita faccio il sieropositivo. Direi che può bastare, no?!
La recensione di 120 battiti al minuto
Primi anni novanta, Francia.
Un gruppo di ragazzi, omosessuali, malati di AIDS, o semplicemente desiderosi di trovare una cura fanno parte di Act-Up Paris, un collettivo che vuole richiamare l’attenzione sulla malattia e sul fatto che le grandi ditte farmaceutiche non stiano in effetti facendo nulla per trovare un protocollo che consenta al malato di sopravvivere dignitosamente e, magari di guarire.
I giovani del collettivo si incontrano una volta a settimana per programmare le manifestazioni e gli incontri sono occasioni per discutere i vari punti di vista e conoscere le storie dei singoli personaggi.
La mia opinione su 120 battiti al minuto
120 battiti è un film del 2017 di Robin Campillo.
Il film è un atto di denuncia contro l’ideologia dell’epoca che condannava il mondo LGBT.
Esemplare una frase del film in cui una ragazza candidamente dichiara di non essere interessata alle proteste di Act-Up perché essendo etero non rischia di ammalarsi.
Ecco questo è uno dei punti che il film scardina: si ammala chiunque perché l’AIDS non discrimina le persone.
Trovo che questo film abbia una doppia valenza: innanzitutto è un’opera ben fatta, commovente e con una sceneggiatura ben scritta.
Inoltre riapre il discorso su una malattia, la Sindrome da immunodeficienza acquisita, AIDS, che ormai è stata in qualche modo dimenticata dai media.
Nessuno ne parla più, nessuno se ne interessa come se fosse stata debellata.
Poi però, documentandosi, si scopre che ogni anno, in Italia, sono migliaia le persone che la contraggono e anche se oggi la malattia è tenuta sotto controllo manca un’informazione utile e un lavoro sulla prevenzione.
La mia speranza è che film come questo aiutino la gente a non dimenticare.
Buona visione.
Photo: anonimacinefili.it