
Terrò una foto di Rahmatullah, anzi della sua tibia destra, nel mio portafogli, nel caso qualcuno voglia sapere perché abbiamo deciso di aprire a Kabul un Centro chirurgico per vittime di guerra.
Basterà mostrare quei due piccoli fori, per ricordare che i diritti umani non sono un optional e che hanno valore solo se si applicano a tutti, anche ai Rahmatullah.
Se non valgono per lui, non stiamo parlando dei diritti di tutti ma dei privilegi di pochi, di solito dei nostri.
Un racconto di guerra. Una storia raccontata da chi l’ha vissuta in primissima linea, dalla parte delle vittime. Gino Strada, Emergency, l’Afghanistan, i diritti umani negati: tutto così ancora terribilmente attuale, purtroppo…
La recensione di Buskashì, Gino Strada
Ho visto le vittime. Vere, reali, ho ancora negli occhi le loro facce di esseri umani sofferenti.
Non credere una parola, quando diranno che hanno “sconfitto il terrorismo”. Sono bugie, enormi bugie che difenderanno con i denti per coprire i propri crimini e i propri interessi. (…) Abbiamo curato più di duemiladuecento persone, in questi mesi: l’ottantasette per cento erano civili.
La straordinaria testimonianza dell’unico gruppo di occidentali presenti a Kabul nei giorni della sua “liberazione”. Un viaggio nella tragedia delle vittime, una riflessione sulla guerra, sulla politica internazionale, sull’informazione e sul mondo degli aiuti umanitari.
(dalla quarta di copertina)
Il mio parere su Buskashì, Gino Strada
Il giorno in cui si iniziasse a mettere in pratica la Dichiarazione universale dei diritti umani, ci ritroveremmo in un mondo che finalmente può incominciare a progettare il proprio futuro, anziché, come sta succedendo, la propria autodistruzione.
Continuiamo a dirlo, continuiamo a pensarlo e a rendercene conto, ma non troviamo il modo di iniziare a fare qualcosa per cambiare. Difficile, impegnativo, arduo. Sembra addirittura impossibile.
Articolo 2. A ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.
(articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata a Parigi il 10 dicembre 1948)
Eppure questo non è bastato. Eppure queste parole, queste leggi che dovevano essere universali, sono ancora come cadute nel vento e in pochi, e non sempre, le rispettano e le seguono.
Il racconto di Gino Strada è nudo e crudo; è il diario di un viaggio clandestino che ha inizio il 9 settembre 2001, giorno dell’assassinio di Ahmad Shah Massud, e che porta Gino e i suoi collaboratori a raggiungere l’ospedale di Emergency a Kabul, nel pieno centro della guerra, quando tutti gli altri, gli “stranieri”, abbandonano il paese che sta chiudendo i suoi confini. È la paura, la tensione, di chi sta cercando in ogni modo di andare a salvare vite umane, di chi rischia la propria vita per mettersi a disposizione degli altri.
Sarò sempre contro la guerra, perché non sarei capace di vivere pensando a te in mezzo all’orrore. Ti voglio bene, a presto
un bacio, Gino
Gino Strada è stato chirurgo e fondatore di EMERGENCY.
Sesto San Giovanni, 21 aprile 1948 – Honfleur, 13 agosto 2021
Buskashì.
Viaggio dentro la guerra
Gino Strada
Feltrinelli, 2003, p. 192, €. 9,50