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Il dio dei boschi, Liz Moore

Otto ragazze. Nove letti. Conta e riconta.
Alla fine, quando non può più fare altrimenti, lascia che un nome emerga alla superficie della sua mente: Barbara.
Il letto vuoto è quello di Barbara.

La recensione di Il dio dei boschi di Liz Moore

È l’ultimo giorno del campeggio estivo Camp Emerson sui monti Adirondack. La sera prima c’è stata una grande festa. I ragazzi hanno finalmente tolto le divise, magliette e pantaloncini, e hanno indossato i vestiti che da settimane aspettavano in valigia. Si sono divertiti molto.
Quindi quando Louise, coordinatrice, va a svegliare le nove ragazze del bungalow Abete balsamico non capisce subito cosa non quadri. Un letto è vuoto, Barbara non si trova da nessuna parte.

Siamo nell’estate del 1975 e Barbara non è solo una delle partecipanti al campeggio. La ragazza è una Van Laar cioè la figlia della ricchissima famiglia che ha costruito e fondato Camp Emerson.
In breve partono le ricerche e viene chiamata la polizia. Tutti sono angosciati. Barbara conosce bene quei boschi in cui ha passato tutte le estati ma le ore passano e di lei non c’è nessuna traccia.

Le ricerche non portano a nulla e nella mente di tutti si fa strada una strana inquietudine perché in quegli stessi boschi anni prima il fratello di Barbara, Bear, si è perso e non è mai stato ritrovato.

La mia opinione su Il dio dei boschi di Liz Moore

Amo follemente i libri di Liz Moore e di proposito ho aspettato un po’ prima di iniziare Il dio dei boschi. Volevo avere la certezza di poter leggere senza interruzioni lavorative o familiari.

Quest’ultimo romanzo è molto bello e trascinante. L’impianto narrativo è articolato ma la resa è semplice e lineare, i piani temporali si alternano tra la scomparsa di Barbara e quella di Bear. È una storia molto cinematografica perfetta per essere trasposta sullo schermo.

Liz Moore costruisce un giallo ambientato in un luogo molto particolare. Siamo sui Monti Adirondack in un luogo selvaggio e bellissimo. Camp Emerson sorge proprio al confine della proprietà dei Van Laar e della loro incredibile casa che la leggenda vuole essere arrivata dalla Svizzera. È un mondo con regole precise e fisse, regole che nessuno può ignorare.

I Van Laar non sono solo i padroni dei boschi, sono banchieri da generazioni e la loro vita è scandita dagli stessi eventi sociali ogni anno. Per loro tutto è dovere e lavoro, le donne sono un ornamento e i figli devono seguire le orme paterne e diventare a loro volta banchieri.

Barbara è esattamente tutto ciò che i Van Laar detestano. La ragazza è una vergogna per loro e motivo di imbarazzo quindi quando chiede di passare l’estate al campeggio per i genitori è una vera benedizione. La sua scomparsa però rimette in moto pensieri mai sopiti. Per la madre Alice significa tornare ai giorni in cui ha perso Bear, il suo adorato bambino a cui non ha mai spesso di pensare. Per il padre tornare sotto i riflettori dei giornalisti è cattiva pubblicità per la banca e per i clienti. E cosa accade alle altre persone che conoscevano Barbara? La sua scomparsa deflagra nelle vite di tutti: Tracy, l’amica con cui si è confidata, Louise, la coordinatrice del campeggio ora sospettata dalla polizia, gli abitanti dei dintorni che hanno ancora negli occhi le ricerche infruttuose di Bear.

E intorno a tutti la purezza della natura fa da contraltare alle meschinità umane dei Van Laar e dei ricchi descritti come incapaci di amare, di migliorarsi, di salvarsi. I ricchi sono incapaci di compiere un solo gesto di bontà interessati come sono a salvare le apparenze e i benefici acquisiti. Non si può provare empatia per loro né simpatia, nemmeno la triste Alice, moglie e madre fallita, annichilita dalla perdita di Bear e dal tradimento di chi amava di più suscita nel lettore un sentimento di affetto perché incapace di riscatto, vittima com’è di una vita che l’ha usata e da cui non è stata capace di affrancarsi.

Barbara invece è figlia della natura, è il dio dei boschi del titolo, colei che si riscatta e riscatta il passato riuscendo ad autodeterminarsi rifiutando il pedigree dei Van Laar.

Il dio dei boschi non è solo un giallo ben scritto perché Liz Moore non è solo una brava scrittrice ma è anche una penna sopraffina e tagliente che scava nelle storie che racconta e nei personaggi, una voce che porta il lettore esattamente dove vuole riuscendo a dissimulare, sovvertendo e scrivendo una storia dove nulla è come sembra e dove ogni dettaglio cambia la visione d’insieme.

Leggere il romanzo è come addentrarsi in un bosco senza mappa, seguendo il sentiero e sperando di non perdersi. Si osservano gli alberi, la luce che filtra tra i rami bassi. Si ascoltano i rumori, si respira. E proprio quando sembra di non sapere più dove andare, poco prima che il dio Pan ci renda incapaci di ritrovare la strada ecco che l’autrice ci prende ancora una volta per mano indicandoci la strada come Scary Mary. In silenzio scosta un ramo ed eccoci arrivati: siamo fuori dalla foresta, il sole è alto e tutto va bene.

Buona lettura.

Il dio dei boschi
Liz Moore
NN Editore, 2024, p. 544, €. 22,00

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