
“A circa otto anni, mi chiesi perché, malgrado quello che c’era scritto sui libri e mi dicevano a scuola e alla radio, io non amassi il Duce. A sedici mi domandai perché l’idea che l’arte fosse “liricità” non mi accontentava. A venti mi sorse il dubbio che ogni qual volta qualcuno si appellasse “all’uomo” (scrivere sulla misura dell’Uomo, non trascurare l’Uomo, ritornare all’Uomo, eccetera), tentasse di appiopparmi qualche patacca, vendermi il Colosseo o darmi la commenda di Santa Maria in Betlemme.”
Quello di cui cerco di parlarvi oggi, è il sesto libro di Umberto Eco, scritto negli anni settanta, pubblicato esattamente nel 1973 è ancora molto attuale ai giorni nostri per i temi trattati.
La recensione di Il costume di casa, Umberto Eco
E’ una raccolta dei suoi scritti a carattere giornalistico apparsi su settimanali e quotidiani, sulla politica e sulla cultura, si spazia dal telegiornale al linguaggio pubblicitario, dalla stampa alla cultura di destra, dalla contestazione giovanile alla repressione, lo strapotere della democrazia, la guerra del Vietnam, la stupidità dei titoli dei temi della maturità, le contraddizioni del capitalismo, le organizzazioni operaie e il movimento studentesco.
Dietro a questi temi ci sono questioni fondamentali anche per la società contemporanea.
Questo libro dovrebbe essere trattato come un classico, che dura nel tempo ed è appunto sempre attuale, in quanto si dovrebbe rileggere volentieri.
Dedicato ai genitori dell’autore venuti a mancare in quel periodo come si vede da quanto scritto da Eco:
“A mio padre, che mi ha insegnato a non crederci. A mia madre, che mi ha insegnato a dirlo”
Esplicitamente non c’è nient’altro che abbia a che fare con la vita personale dell’autore.
Buona lettura!
Il costume di casa
Umberto Eco
Bompiani, 1973, p. 482, € 10,90
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