Il giorno della civetta, Leonardo Sciascia

«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… […]»

 

Sicilia, 1961. L’ufficiale dei Carabinieri Bellodi, parmense ed ex partigiano, in servizio in un piccolo paese, si trova ad indagare sull’omicidio di Salvatore Colasberna, un impresario edile, ucciso per essersi rifiutato di lasciare un appalto ad una ditta protetta della mafia. L’omicidio è avvenuto nelle vicinanze dell’abitazione dove vivono Rosa Nicolosi, il marito e la loro figlioletta. Nella stessa mattina scompare anche il marito di Rosa Nicolosi. Il capitano Bellodi riesce a strappare a Rosa che il marito le ha detto prima di sparire di aver incontrato lungo la strada,in cui ha avuto luogo l’omicidio “Zecchinetta” (il soprannome deriva dalla passione per l’omonimo gioco), un suo conoscente già pregiudicato, il cui nome viene confermato dal confidente di polizia “Parrinieddu”. Nel frattempo il boss del paese, Don Mariano Arena, organizza una manovra per far passare l’omicidio Colasberna come dovuto a motivi passionali: praticamente sarebbe stato Nicolosi ad uccidere l’impresario in quanto amante della moglie e poi si sarebbe dato alla latitanza. Il capitano non crede alla pista passionale e cerca di trovare il corpo del Nicolosi, che ritiene essere stato ucciso in quanto testimone «scomodo»; riuscirà a trovare un corpo ma sarà quello di “Parrinieddu”, ucciso perché ritenuto ormai compromesso. L’inchiesta andrà avanti arrivando anche all’arresto di Don Mariano ma alla fine, grazie agli agganci politici di quest’ultimo, i mafiosi torneranno liberi e Bellodi verrà trasferito.

Il giorno della civetta è un romanzo di Leonardo Sciascia, terminato nel 1960 e pubblicato per la prima volta nel 1961 dalla casa editrice Einaudi.
Il racconto trae lo spunto dall’omicidio di Accursio Miraglia, un sindacalista comunista, avvenuto a Sciacca nel gennaio del 1947 ad opera della mafia.

E’ un inno a non nascondersi, a denunciare i soprusi.
E’ un invito a non avere paura.

E’ sicuramente un libro che all’epoca in cui uscì creò un certo scompiglio, in un mondo letterario che, fino a quel momento si era ben guardato dall’affrontare  una tematica sociale così difficile come quella della mafia e dell’omertà che la circondava da sempre.
La prima edizione del romanzo comparve con una “Nota” che dichiarava la verità sottintesa alla finzione del romanzo, proprio perchè la letteratura, ma soprattutto la società, fino a quel momento negava l’esistenza della mafia.
Nota che verrà inserita nell’avvertenza dell’edizione per le scuole de Il giorno della civetta, nel 1972.
Segno che, nonostante fossero passati diversi anni dalla pubblicazione iniziale, non erano stati fatti molti passi avanti.

Una curiosità: pr il personaggio protagonista del romanzo, ovvero il Capitano Bellodi, Sciascia si è ispirato al Generale Dalla Chiesa.

Il film

Dal romanzo è tratto il film omonimo per la regia di Damiano Damiani.

Silbietta
40enne, mamma di una ex Vitellina, moglie di un cuoco provetto. Le mie passioni: lettura e scrittura. E ZeBuk. Fresca Expat in quel di Londra, vago come un bambino in un negozio di giocattoli nei mercatini di libri usati. Forse è questo il Paradiso!

2 COMMENTS

  1. E’ arrivato il momento di leggerlo, questo libro, sì.
    Perché Non Avere Paura significa “affrontare”. E molto spesso significa soprattutto “conoscere”.

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