Hitler ha rubato tante cose.
Ha preso per sé la dignità altrui, ha tolto tassello dopo tassello il senso della vita di molti, ha spezzato legami e disfatto rapporti, i quali sono potuti sopravvivere solo nel cuore. Ha rubato l’infanzia.
La piccola Anna è riuscita a fuggire con la sua famiglia: l’intuito di suo padre ha permesso loro di salvarsi poco prima che il nazismo diventasse legge. La sua casa però è stata sequestrata e con questa anche i ricordi, la spensieratezza, i giocattoli simbolo della gioia vissuta fino a quel momento in un ambiente protetto e sicuro.
La storia narrata subisce solo gli echi dei terrori nazisti, i quali fanno da sfondo buio che emerge negli incubi del papà, nei bisbigli degli adulti, nelle notizie dei cari che giungono sempre più rare. Non è un libro crudo, come la tematica affrontata potrebbe lasciar presagire. E’ l’avventura di cominciare con una vita nuova in un posto sconosciuto dove tutto è da scoprire, ogni azione quotidiana può nascondere un fallimento o regalare una bella soddisfazione.
Tutto viene filtrato dallo sguardo bambino di Anna: fresco, genuino, semplice, infantile nel senso positivo che il termine propone. Tanti libri per l’infanzia odierni si assomigliano fra loro per la scarsa poliedricità mostrata dai personaggi. Anna è invece un esempio di bambina reale e viva: non compie eroismi ma porta con sé la bellezza della spontaneità infantile che spesso riesce a farci sorridere.
“ –Facciamo il giro della casa per l’ultima volta- propose Max.
Cominciarono dall’alto, per poi scendere giù. Niente sembrava più come prima. Le cose più piccole erano state imballate. Alcuni tappeti erano arrotolati e dappertutto c’erano giornali e casse. Via via che passavano da una stanza, la salutavano gridando: -Addio studio del babbo… addio pianerottolo… addio scale! – (…) Anna provò una contrazione allo stomaco. (…) Come poteva andarsene tutto a un tratto?”
Quando Hitler rubò il coniglio rosa
Judith Kerr
Rizzoli, 2008, p. 320, €. 12,75