
Guardava fuori dalla finestra quasi con piacere, e ne aveva motivo: quella sera si sarebbe messo in viaggio per Bundanyabba, il mattino seguente avrebbe preso un aereo, la sera sarebbe stato a Sidney e domenica avrebbe fatto il bagno in mare.
La recensione di Wake in fright. Svegliarsi all’inferno di Kenneth Cook
John Grant è il maestro di Tiboonda, minuscolo avamposto nell’outback australiano formato da una stazione, quattro case e la scuola.
Durante le vacanze di Natale, il giovane decide di tornare a casa, a Sidney.
Non vede l’ora di lasciarsi l’eterna polvere rossa che ti secca la gola, immergersi nell’oceano e rivedere la ragazza di cui è innamorato.
Da Tiboonda Grant si dirige a Bundanyabba, chiamata da tutti semplicemente Yabba.
Passerà la notte in albergo e il giorno dopo prenderà l’aereo per Sidney.
Nulla può andare storto.
Un viaggio nemmeno troppo lungo, ancora poche ore e potrà dire addio a quella parte dell’Australia così rude e selvaggia.
Ma Grant scopre di non conoscersi affatto.
In quella notte a Yabba si innescheranno una serie di eventi che porteranno il giovane in una discesa senza freni all’inferno.
Scappare ed andare a Sidney sembra impossibile.
L’unica soluzione è una scelta estrema ma Grant è disposto a tutto.
La mia opinione su Wake in fright, Svegliarsi all’inferno di Kenneth Cook
Va bene, Grant, si disse, hai avuto la tua occasione. Adesso vai a dormire e dimentica tutto. Eppure non si scollava da quella parete e continuava a respirare quell’atmosfera carica di soldi. Era stato così facile vincere. Un solo lancio di monete e il capitale raddoppiava, raddoppiava, raddoppiava. Dio! La fame di soldi era qualcosa di divorante, ti lacerava.
Wake in fright vuol dire svegliarsi terrorizzati, come dopo un incubo quando apri gli occhi sudato e col cuore che ti batte a mille.
E il protagonista impara bene questa sensazione.
Si ritrova all’interno di un incubo da cui non sa, e non riesce, a scappare.
Sidney diventa un miraggio in lontananza mentre Grant si lascia sedurre dalla birra, la caccia, la violenza.
In Wake in fright c’è tutta la seduzione del male e le sue conseguenze.
Grant scoprirà di essere un debole, incapace di dire di no di fronte a qualsiasi cosa.
Il libro è violento, cupo, sferzante.
La scena della mattanza dei canguri, del tutto gratuita e senza una ragione, la birra che scorre a fiumi perché è l’unica cosa che renda sopportabile la vita in quell’outback desolato dove la polvere si muove mentre cammini, dove il sole acceca e rende tutto indistinto ed ugualmente immobile.
Un’ Australia come non l’avete mai vista quella di Wake in fright, raccontata con una prosa attenta, precisa, feroce, e popolata di autotrasportatori, minatori, allevatori, uomini che sopravvivono in quello spazio desolato dove non c’è pietà né amore.
Un libro che ci ricorda che nessuno ci conosce, tanto meno noi stessi, e che l’animo umano può arrivare ad atrocità così orrende da renderci irriconoscibili.
Buona lettura.
Il film Wake in Fright
Nel 1971 uscì il film tratto dal libro. Diretto da Ted Kotcheff, il film fu nominato per il Grand Prix du Festival del ventiquattresimo Festival di Cannes.
Il film non ebbe successo all’uscita ma a distanza di anni è considerato un Cult. Nick Cave l’ha definito “The best and most terrifying Australian movie in existence” e Martin Scorsese ha dichiarato di essere un grande fan della pellicola.
In italiano non è disponibile ma il film riesce davvero molto bene a rendere il viaggio di Grant, interpretato da Gary Bond, e la sua discesa all’inferno.