Fight Club, un titolo due cult, sia in ambito letterario che in quello cinematografico.
Quello che, personalmente, considero il capolavoro di Palahniuk è una denuncia netta e decisa contro il consumismo imperante del mondo occidentale e la storia ne delinea chiaramente la follia degenerativa. Il protagonista (non ha nome, come del resto nel film omonimo di David Fincher) vive alienato un lavoro che non ama, in un appartamento arredato con tutti i mobili coordinati di cui non gli interessa nulla, è sistematicamente solo, tanto da dover recarsi nei gruppi di sostegno per malati terminali per sentirsi avvolto da calore umano.
Fino a quando la sua vita non si incrocia con gli altri due protagonisti della storia: Marla Singer – una giovane disadattata che campa alla giornata e che frequenta con lui i gruppi di sostegno (anche quello per il cancro ai testicoli) – e soprattutto Tyler Durden, un curioso quanto improbabile produttore di saponi.
Inutile svelare il resto della trama che ha un finale veramente a sorpresa.
Il film di Fincher segue egregiamente e sviluppa, grazie alla bravura dei tre protagonisti: Edward Norton, Helena Bonham Carter e Brad Pitt, le tematiche care a Palahniuk e rispetta la trama anche nelle singole battute.
Mancanza di originalità?
No, non penso. Credo che Fincher, giustamente, di fronte ad un’opera stilisticamente perfetta nel concretizzare sotto agli occhi dei lettori il messaggio chiaro ed incisivo di Palahiuk, abbia preferito riportare le battute integrali, che in molti scambi rasentano la genialità perché riescono ad essere spietate pur strappando un sorriso, struggenti e ciniche nel contempo.
Finalmente un buon film all’altezza di un grande libro.
Fight club
Chuck Palahniuk
Mondadori, 2004, 223 p., brossura