Il profumo delle foglie di limone, Clara Sanchez

Sapevamo bene cosa significava “là dentro”: era il campo di sterminio, dove eravamo finiti a lavorare nella cava. Salva sapeva cosa aveva visto e sopportato, e io sapevo cosa aveva visto lui. Ci sentivamo maledetti. A sei mesi dalla liberazione, con un aspetto pietoso che cercavamo di nascondere dietro un vestito e un cappello, Salva aveva già scoperto che esistevano varie organizzazioni il cui obiettivo era localizzare i nazisti e dar loro la caccia. E noi ci saremmo dedicati a quello. Quando ci liberarono, ci arruolammo nel Centro Memoria e Azione. Io e Salva eravamo due delle migliaia di repubblicani spagnoli internati nei campi, e non volevamo che ci compatissero. Non ci sentivamo eroi, ma piuttosto degli appestati. Eravamo vittime, e le vittime e i perdenti non piacciono a nessuno. Molti non ebbero altra scelta che tacere e sopportare la paura, la vergogna e il senso di colpa dei sopravvissuti, ma noi diventammo cacciatori.

A parlare è Juliàn, scampato al campo di concentramento di Mauthausen e divenuto, negli anni, cacciatore di nazisti insieme al suo compagno di orrori Salva.
E’ proprio quest’ultimo che gli spedisce una lettera dalla Costa Blanca, avvertendolo che proprio in quella zona hanno trovato rifugio alcuni criminali nazisti. Gli chiede aiuto.

E Juliàn, nonostante gli acciacchi dell’età parte in aiuto dell’amico. Al suo arrivo, però, scopre che Salva è morto e che la lettera che ha ricevuto gli era stata inviata, come ultimo desiderio dell’amico, subito dopo la sua morte. Una sorta di testamento morale.
Juliàn non ha scelta: deve scoprire se Fredrik e Karin Christensen sono davvero i due criminali individuati da Salva.
Le cose, però, si complicano: perchè la coppia di nazisti ha avvicinato Sandra, una ragazza tormentata, incinta, che si sente un po’ sperduta e che vede nei due i nonni che non ha mai avuto.

Juliàn ha due obiettivi ora: salvare Sandra dalla spirale di orrori nella quale sta entrando. E attuare la sua strategia della Memoria.
Perchè i criminali nazisti fuggiti si sono ricostruiti una vita agiata, grazie ai beni rubati agli ebrei, e vivono tranquilli e senza il minimo rimorso. E per lui è importante che ricordino chi sono veramente. E che ciò che hanno commesso non può svanire semplicemente cambiando paese. Ma dovrà perseguitarli fino alla fine dei loro giorni.

Con Il profumo delle foglie di limone Clara Sanchez ha scosso le coscienze del popolo spagnolo.
Il libro è divenuto subito un bestseller, e ha suscitato anche reazioni da gruppi di neonazisti.
Come a dire, un libro che parla dell’Olocausto non può mai passare inosservato.
Il romanzo è pervaso da un senso di impotenza: quella di Juliàn, quando racconta ciò che ha visto nel campo di concentramento. Quella di Sandra, che si ritrova sola e con un figlio in arrivo e senza un punto fermo nella sua vita.
Ci sono flebili speranze di far trionfare il bene. E, tutto sommato, un po’ me l’aspettavo.
Perchè la Sanchez ha dichiarato che lo scrivere questo libro le ha insegnato che il Male, alla fine, vince sempre.
Che è senza dubbio un’affermazione che può dare il via a molti dibattiti.
Ma che, effettivamente, vista con gli occhi dei protagonisti di questo romanzo, non può che essere tragicamente vera.

Il booktrailer

Il profumo delle foglie di limone
Clara Sanchez
Garzanti, Gennaio 2011, 360 pag.
ISBN 9788811686620

Silbietta
40enne, mamma di una ex Vitellina, moglie di un cuoco provetto. Le mie passioni: lettura e scrittura. E ZeBuk. Fresca Expat in quel di Londra, vago come un bambino in un negozio di giocattoli nei mercatini di libri usati. Forse è questo il Paradiso!

7 COMMENTS

    • Si è proprio vero.
      E’stato molto difficile scrivere questa recensione stavolta.
      E non perchè non mi fosse piaciuto il libro, anzi.
      E’ che certi argomenti mi lasciano sempre senza parole.

      • Un argomento come questo non può che lasciare sempre un segno profondo, un vuoto incolmabile, direi.
        L’olocausto è una cosa reale e anche se è difficile affrontare l’argomento, parlarne, dire la propria opinione, è uno sforzo che deve essere fatto.

        Per ricordare sempre.

        Perché attuare quella Strategia della Memoria di cui parla il protagonista è il solo modo per cercare di non far accadere di nuovo atrocità del genere.
        E dobbiamo continuare a farlo, anche se sappiamo che comunque accadono ancora, nonostante tutto, tante atrocità di questo genere.

        Bello Silbi, ancora una volta hai toccato le corde giuste… 🙂

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