La strada, Cormac McCarthy

Ce la caveremo, vero, papà? Si. Ce la caveremo. E non succederà niente di male. Esatto. Perchè noi portiamo il fuoco. Si. Perchè noi portiamo il fuoco.

Ogni tanto mi capita di entrare nella mia libreria preferita e gironzolare senza farmi notare da nessuno tra gli scaffali; la libraia, che mi conosce,  in quelle occasioni non si azzarda nemmeno a salutare, tanto sa che per un buon quarto d’ora io sarei decisamente lontana. In queste incursioni silenziose trovo sempre qualche perla, un libriccino piccolo, magari esposto in un angolo, che so che mi entrerà nel cuore. (che poi, essendo un pò ingnorante, potrei anche imbattermi in un libro molto noto, e nemmeno riconoscerlo…). Questa cosa è successa con La Strada, di cui conoscevo l’autore per gli altri libri che ha scritto (e che non ho avuto ancora la fortuna di leggere se non qualche stralcio di Non è un paese per vecchi).

McCarthy (Sunset limited, Suttree, Non è un paese per vecchi) in questo romanzo si sposta in un futuro molto prossimo, in cui  la terra è reduce da un lungo periodo di piogge di fuoco, non meglio specificate, che hanno lasciato paesaggi desolanti ricoperti di cenere e polvere. Nessuna pianta viva, ogni tipo di creatura sterminata prima dal calore e poi dalla fame. I pochi sopravvissuti  condannati a vivere devono guardarsi da bande di predoni, terribili figure violente e ottuse. In questo scenario i due protagonisti lottano per arrivare in fondo al loro viaggio: un padre e suo figlio, due personaggi di cui non viene mai espresso il nome nè l’età. Camminano lungo sentieri grigi, durante giornate grigie e opache, senza il conforto del calore del sole, senza la luna a illuminare notti lunghissime e tetre; l’uno ha l’altro per poter resistere alla fatica, al freddo, alla fame che periodicamente si presenta, prepotente. I ricordi dell’uomo rimbalzano nella mente, vecchie immagini che riguardano la madre del bambino, che cedette alla tristezza di un futuro orribile e scelse di togliersi la vita per non dover affrontare violenze e cannibalismo. I due sembrano soli, unici abitanti di un pianeta sbiadito, senza possibilità di rinascita; purtroppo sono costretti a vivere costantemente con l’attenzione ai massimi livelli, per non finire nelle grinfie dei cattivi, e per non farsi notare da altri piccoli gruppi di sopravvissuti come loro: ognuno per sé, trovare ogni giorno una soluzione per arrivare al giorno dopo, difendere il proprio carrello con le coperte e i teli di plastica.

Potrebbe esserci un pò di calore vicino la costa, la speranza che l’oceano abbia la spiegazione del mistero, una possibilità di rivincita. E allora non ci si può fermare, bisogna tenere duro. Il tempo del cammino nel romanzo è espresso con frasi brevi, asciutte; i dialoghi non sono identificati dalle virgole, come se fossero sogni e comunicazioni psichiche tra queste due anime legate dall’amore. Ci sono scene molto dure, espresse con fotogrammi scarni, ma molto incisivi. Si viene proiettati nell’atmosfera di decadenza fisica di quel mondo, ci si pone allo stesso livello di difficoltà dei due protagonisti; si fatica, si sente il freddo, si perde la speranza. Anzi: per assurdo, si viene catapultati dentro illusioni a colori, dentro sogni pieni di fiori, e di vento caldo, e di profumi.

Leggendo queste pagine ho sentito prepotente l’energia di un desiderio di riscatto, la voglia di non arrivare fino questa desolazione: il bambino è un nuovo dio, è colui che porta il fuoco, è ciò in cui risiede l’ultima possibilità di salvarsi. Il padre è solo una nave che lo accompagna, è un traghetto che può portare la nuova umanità a scegliere il bene: il bambino vuole salvare un vecchio incontrato per strada, e gli cede le poche cose che ha ancora da mangiare. Il bambino fa sogni a colori, non può obbedire a suo padre che gli raccomanda di non cedervi, perchè sperare in un mondo che non c ‘è più vorrebbe dire non avere la forza di alzarsi il mattino dopo.

Rimane tanto dentro il lettore di questo stancante viaggio lungo strade tortuose e faticose, indefinite, in un quadro naturale scarno e senza vita: resta dentro la consapevolezza fondamentale di un “giusto” modo di comportasi anche in situazioni estreme e anormali,  e , soprattutto, l’esaltazione dell’incontebile forza dell’amore che, sola, può salvare il protagonista e tutta l’umanità. Ho trovato La strada un’opera molto dolce e poetica, di certo non un libro facile ma con un messaggio forte e con l’esortazione a non perdere mai la speranza: un libro da non perdere.

Buona lettura e a rileggerci

La strada
Cormac McCarthy
Einaudi, 2010, 218 pag, 12.00 €

Se avete voglia di leggerlo, passate da questo link:

Lucia Busca
Sono quella che legge due libri contemporaneamente, quella che ha l'e-reader, io piango quando la scrittura è bella, divento il protagonista del libro. Curiosa, tento di infilarmi in tutti i generi, scegliendo tra i grandi classici e osando nuovi autori. L'unica certezza che ho: non mi basterà questa vita per finire la mia lista dei desideri. "Io penso, disse Anna sfilandosi un guanto, che se ci sono tanti ingegni quante teste, ci sono tanti generi d'amore quanti cuori" (Anna Karenina)

6 COMMENTS

    • Guarda, l’ho letto in due sere (ma è da mangiare in un boccone..), ho cominciato a commuovermi a pagina 9, e ho continuato a sentire tutti i brividi dei due protagonisti, e le paure, e la tristezza…ma che finale superlativo!

  1. Lu… ma quanto mi piace sempre tanto il tuo modo di raccontare???
    Se non fosse che ho bisogno di libri allegri in questo periodo (e che ho finito il credito libri) mi catapulterei subito a comprarlo!!! Ma me lo segno, me lo segno! Ah, se me lo segno!!!

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here