Tutto si può raccontare, basta mettere una parola dietro l’altra.
Ho continuato a leggere per capire dove volesse andare a parare. Ho continuato nonostante il ritmo fosse lento lento lento lento… Ho avuto bisogno di un bel po’ di concentrazione per seguire il parlare di Juan, traduttore simultaneo abituato a interpretare le parole degli altri e a spiegarle a chi non le capisce.
La recensione di Un cuore così bianco, Javier Marìas
In questo romanzo Juan traduce il senso di sfiducia nell’altro, il dubbio e l’incertezza nell’affidarsi totalmente alla persona amata. Un titubare costante tra la decisione di essere sinceri, di raccontare tutto tutto quello che ci accade e quella – all’apparenza innocua – di non raccontare certi fatti. Un tentennare angosciante tra segreti non raccontati, fra dubbi e cose non dette.
“un romanzo sull’amore e sulla morte e su ciò che non si dovrebbe dire e su ciò che non si vorrebbe sapere, strutturato con grande abilità, in cui tutti i personaggi, con i loro dubbi e la loro possibile intercambiabilità, trasmettono un senso di profonda inquietudine e lasciano nel lettore una sensazione di realtà ineffabile e scomoda, precaria, impossibile da definire e difficile da accettare”
Così viene descritto il romanzo di Javier Marìas, così viene raccontato un romanzo – pluripremiato, tra l’altro. A me ha lasciato un senso di angoscia, di inquietudine, soprattutto per il discorrere senza fine di Juan, il protagonista, un monologo quasi continuo, un soliloquio. Una grande capacità di descrivere i sentimenti, sì, le sensazioni dei personaggi, la rabbia, la solitudine, la tristezza.
Ma – fino alla fine – un senso di sospensione, di mancanza, di inadeguatezza.
L’ascolto, la vita intima, la quotidianità, sono avvolte da domande costanti, da dubbi che si insinuano nella mente, dal bisogno di essere accolti, accettati, affiancati, spalleggiati dalla persona amata:
É il petto di un’altra persona a spalleggiarci, ci sentiamo realmente spalleggiati solo quando abbiamo qualcuno dietro, lo dice la parola stessa, alle nostre spalle, come in inglese, to back, qualcuno che forse non vediamo e che ci copre le spalle con il petto che è sul punto di sfiorarci e finisce sempre per sfiorarci, e a volte questo qualcuno ci mette una mano sulla spalla per tranquillizzarci e al tempo stesso sottometterci.
Jan vive con sua moglie ma il suo lavoro lo porta spesso all’estero per lunghi periodi. Ascoltare gli altri è importante, è parte integrante del lavoro di Juan: l’ascolto dei problemi dell’amica che lo ospita, la fiducia reciproca, sono uno dei tanti momenti rivelatori (Juan ripete spesso: “questo è quello di cui ha bisogno un amico”), ma allo stesso tempo:
“Ascoltare è davvero pericoloso, significa sapere, significa essere informato ed essere al corrente, le orecchie sono prive di palpebre che possano chiudersi istintivamente di fronte a ciò che viene pronunciato, non si possono proteggere da ciò che si presume stia per essere ascoltato, è sempre troppo tardi”
Mentre leggi ti perdi nel ridondante e puntiglioso parlare di Juan, ti poni domande, torni indietro sui tuoi passi, rileggi certi periodi lunghissimi per venirne a capo, cerchi di capire.
Per questo a volte è meglio non conoscere nemmeno il principio, né sentire le voci che raccontano, davanti alle quali si è tanto inermi, quelle voci narranti che tutti possediamo e che rimandano al passato remoto o recente e scoprono segreti che non importano più ma tuttavia influiscono sulla vita e sugli anni a venire, sulla nostra conoscenza del mondo e delle persone, non ci si può fidare di nessuno dopo averlo ascoltato, tutto è possibile, l’orrore più grande e la viltà maggiore nelle persone che conosciamo, come in noi stessi.
Alla fine scopri che Javier Marìas è davvero un fabbricante di inquietudini. E allora ti dici che nonostante la lentezza, il periodare senza fine, cavoli! Ha proprio colto nel segno, Javier! Ha saputo creare l’inquietudine e l’angoscia che voleva! Ti ha lasciato col fiato sospeso e ti ha messo nelle condizioni di porti domande che altrimenti non ti saresti posta! Oppure magari sì, ma non è questo il punto. Il punto è che l’indagine psicologica sul sé a questo punto è iniziata e continuerà a farsi strada, d’ora in poi:
Esiste una zona d’ombra in cui solo la letteratura e le arti possono penetrare per percepirne l’immensità e la complessità. Ci sono cose che conosciamo solo perché ce le ha mostrate la letteratura, o ci ha consentito di prenderne coscienza e di riconoscerle. La letteratura ci permette di comprendere un po’ meglio noi stessi e il mondo.
Un cuore così bianco
Javier Marìas
Einaudi (collana tascabili – Scrittori), 2014, pag. 336, € 11,05
ISBN: 9788858412015
Per acquistare: