Al caffè del silenzio, Giorgio Todde

Oloferne arriva al Caffè del Silenzio, si ferma e legge le regole affisse all’ingresso. Riflette un poco e poi entra. Quando chiude la porta scompare di colpo ogni rumore superfluo, il silenzio gli entra attraverso le orecchie e arriva alla sua testa dolorante. Proprio come raccontano.

Gli si avvicina un cameriere con l’indice posato sulla punta del naso per ricordare l’obbligo del silenzio, lo accompagna al tavolino, gli consegna un menù che racchiude la farmacopea del Silenzio e lui indica un caffè allungato.

C’è musica, ma non arriva all’udito.

Cerco di capire questo libro, che mi sfugge dalle dita, le cui frasi, ogni tanto, si nascondono tra le palpebre che si chiudono, la notte, quando leggo.

In parte leggo ‘confusione’ – non ‘caos’, che è cosa ben diversa: uno stato per il quale apparentemente non si capisce perché certe vicende siano legate, cosa possa accomunare un evento con l’altro, un personaggio con l’altro.

Sono io che non lo capisco, forse. Sono io che sono confusa.

– Sono le otto, tra poco è ora di cena. È vero, è bello sapere che ora è. Ordine nella nostra vita, e regolarità. Nulla di anomalo, nulla che costituisca un’eccezione se ci guardano dall’esterno, Una vita liscia come un uovo. Nessuna discrepanza, nessuna…

Cerco di capire, allora, e mi incuriosisco: indago su Bréguet, sugli orologiai, sulle definizioni mediche, sull’amore per l’altro sesso e per lo stesso, sulla pazzia, sugli odori, sulla perfezione di un gesto. Poi riprendo il libro e continuo a leggere. Trovo Saveria, Silvano, Uterina, Osvald, l’angelico Wolf, lì che mi attendono e continuano a raccontarmi la loro storia.

La storia di vite qualsiasi, la storia di apparenti normalità e di giochi pericolosi, di assurdo e follia che si rincorrono…

Leggere questo libro è andare a scavare nella psiche umana. E’ indagare sulla natura e sulla follia. Sull’Amore:

“China il capo e ripensa al corpo bianco di Matteo:
– Insomma il tempo si misura con l’Amore. Chi non lo fa, allora cerca orologi perfetti e quelle molle, e tutto il resto che noi idolatriamo, sono solo un succedaneo dell’Amore. Perciò Bréguet era un genio: lui aveva capito e aveva introdotto un’imperfezione nella sua spirale.”

file0001057207816Il Caffè del Silenzio è un luogo che vorrei poter frequentare: lì va a cercare rifugio e consolazione chi non sopporta più le parole, i suoni, i rumori. Lì siede e si placa chi ha bisogno di cercare dentro di sé, con una tisana e l’abbraccio di un porto sicuro.

Ancora una volta un libro che mi ha cercato, per darmi il suo conforto.

Alla fine mi piace, questo modo di scrivere. Non potrei nutrirmi solo di questo, s’intende: ho bisogno di certezze, di serenità, di cose buone e niente violenza. Qui c’è, la violenza, c’è, anche se non è urlata con parole truci. Anzi, forse per questo motivo è ancor più tragica e tremenda. Qui c’è il grido disperato della donna rifiutata e non amata e di quella che ha perso l’amore e lo cerca ancora, c’è l’urlo silenzioso di un ragazzo delicato, che non lotta contro il suo aggressore, c’è l’uomo che… beh, bisogna leggere, per capire oltre.< Bisogna leggere.

In silenzio.

Al Caffè del Silenzio i vetri sono doppi e tutti stanno seduti da soli o in due, lo impone la regola. La regola al Caffè del Silenzio è il silenzio. E’ un voto obbligatorio anche per le coppie. Non ci sono dolci e la musica è sotto la soglia dell’udibile, immaginaria. Ci vanno tutte le teste riscaldate dal dolore e dalla tristezza che con le parole non ce la fanno più. Dicono che vanno ‘al Silenzio’ e incominciano a tacere sino da casa. Il sangue, al Silenzio, ritorna al suo posto e riprende la giusta direzione.

Al caffè del silenzio
Giorgio Todde
Il Maestrale, 2007, pag.230, € 6,90
ISBN: 978-88-89801-23-9

polepole
Polepole è Silvia, lettrice affamata e da poco tempo molto selettiva, geometra, architetto, perenne studente della vita. Sono nata nel 1973, in un soleggiato ultimo giorno di aprile, ho un marito e due figli meravigliosi, che riempiono la mia vita di emozioni belle. Passerei l’intera esistenza sui libri, con tazza di cioccolata fumante al seguito, senza distogliere lo sguardo se non per farmi conquistare dalla copertina di un altro libro.

2 COMMENTS

    • Elisa, ti piacerà: non sono i dialetti di Montalbano, né le sue ricette tra un delitto e l’altro. E’ incredibile detto da me ma ho trovato il modo di avvicinarmi ai gialli… passando dai noir! 🙂

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here