Ligabue. Il mio nome non ha importanza, Giuseppe Zironi, Hannes Binder

In sella alla sua moto Toni domina le strade della bassa padana.
Indossa un completo da motociclista che ormai è una divisa, anche se certe volte lo si vede in giro in giacca leggera e sciarpa di lana.
Toni ha preso alcune nozioni di meccanica e la sua Guzzi è sempre in marcia: gomme, carburatore e sospensioni sono a posto, a guastarsi è sempre la candela.

Abbiamo dedicato il mese di novembre alla follia, come non parlare allora di uno degli artisti italiani rinomati proprio per questa particolare caratteristica?

Antonio Ligabue ebbe molti problemi dal punto di vista mentale e psichico, oltre ai diversi disagi fisici di cui soffriva (rachitismo e gozzo). Nella sua vita frequentò numerosi istituti e ospedali psichiatrici, ma nel frattempo dette vita ad un’arte incredibilmente controversa e ricca di sentimenti e di sensazioni: tutte quelle che provava continuamente e non riusciva ad esprimere in altro modo.

La recensione di Ligabue. Il mio nome non ha importanza, di Giuseppe Zironi, Hannes Binder

Antonio Laccabue, detto Ligabue, detto Toni, detto Ligabün, detto al tudèsch (il tedesco), detto al màt (il matto) parla poco, solo quando è all’opera diventa loquace e accenna ai sinistri brontolii di una pantera, digrigna i denti e dopo avere rimirato il dipinto intona una specie di cantilena. Il canto della giungla.

Scorrere le pagine buie e oscure di questo albo è immergersi nell’immaginario di Toni, il ragazzo matto, quello povero e senza famiglia che si lascia raccontare dai tratti lunghi e fini in bianco e nero delle illustrazioni di Hannes Binder, che a volte sembrano particolari sbucati da una tavola di Escher, con quegli occhi ingigantiti, quella luce che sorge dal buio, quelle prospettive che fanno girare la testa.

La storia di Antonio Costa, detto Ligabue, è triste e disperata: nato da una cameriera italiana che viveva in Svizzera, da padre ignoto, fu adottato da una famiglia in condizioni economiche difficili e passò parte della sua infanzia tra scuole e istituti per disagiati mentali. Trovò la notorietà solo in tarda età, quando – scoperto da Marino Mazzacurati, artista piuttosto importante della ‘scuola romana’ – poté finalmente esporre le sue bestie feroci e raccontare al mondo quello che solo i suoi occhi vedevano, perché “chi non ci sta non lo capisce”.

Il mio parere su Ligabue. Il mio nome non ha importanza, di Giuseppe Zironi, Hannes Binder

«Venite a vedere, presto!»
Il grido di un ragazzo allarma gli adulti che accorrono temendo il peggio. C’è un capannello tutto intorno a Toni: quelli dietro stanno sulle punte per vederlo disegnare sul fianco del carrozzone.
«Usa solo un pezzo di carbone, ma il leopardo sembra vivere!»
«È bravissimo!»
«Sembra proprio un grande artista!»
«Portiamogli dei colori veri, così farà un capolavoro!»
Il tipo baffuto alza le braccia, come per fare un grande annuncio: «Metteremo il carro dipinto davanti all’ingresso e il pittore avrà cento biglietti omaggio!»

Credo sia fondamentale conoscere l’arte.
Credo sia molto più importante di altre materie di studio, per il semplice motivo che nell’arte ci sta tutto l’animo umano, i sentimenti, le paure, le cose in cui crede, quello a cui si ispira.

Ligabue l’ho riscoperto durante la mia visita al Museo della Follia, quest’estate: era fra i protagonisti della mostra con la sua arte naïf, con i colori vivaci e le pose violente e aggressive degli animali della sua giungla immaginaria. Una vita che riesce a esplodere grazie solo alla pittura, quella che si nasconde dentro l’animo di Toni, “El Matt”, come lo definivano i contadini di Gualtieri, il paese in cui ha vissuto buona parte della sua vita, in provincia di Reggio Emilia.
Una vita che mi ha fatto innamorare nuovamente dell’arte e dei colori.
Ma non solo: la vita di Ligabue è il pretesto per vedere il mondo ancora una volta con gli occhi di chi è “diverso”, di chi vede e sente cose che i “normali” non vedono e non sentono, dalla forza della natura alla semplicità dell’animale indifeso, macellato dall’uomo anche se “non gli aveva fatto niente di male!”.

Proveremo, con i miei ragazzi, ad avvicinarci alla pittura di Ligabue copiandola e ispirandoci ad essa, anche nel modo in cui lo ha fatto Hannes Binder, con i suoi tratti ed i suoi bianco e nero affascinanti, anche se non sarà facile farlo. Ma – dopotutto – la realtà è negli occhi di chi guarda, no? Sono certa che ognuno di noi riconoscerà la propria 😉

Ligabue. Il mio nome non ha importanza
Giuseppe Zironi, Hannes Binder (illustratore)
Zoolibri (collana Narrativa illustrata), 2011, pag. 148, € 18,00
ISBN: 978-8888254647

polepole
Polepole è Silvia, lettrice affamata e da poco tempo molto selettiva, geometra, architetto, perenne studente della vita. Sono nata nel 1973, in un soleggiato ultimo giorno di aprile, ho un marito e due figli meravigliosi, che riempiono la mia vita di emozioni belle. Passerei l’intera esistenza sui libri, con tazza di cioccolata fumante al seguito, senza distogliere lo sguardo se non per farmi conquistare dalla copertina di un altro libro.

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