Don Chisciotte della Mancia, Miguel de Cervantes Saavedra

Non muoia, signor padrone, non muoia. accetti il mio consiglio, e viva molti anni, perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morir così senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento. Su, non faccia il pigro, si alzi da questo letto, e andiamocene in campagna vestiti da pastori come s’è fissato, e chi sa che dietro a qualche siepe non si trovi la signora Dulcinea disincantata, che sia una meraviglia a vedersi.

Il secondo classico di gennaio è il Don Chisciotte della Mancia, straordinaria opera partorita dalla mente di Miguel de Cervantes Saavedra e raccontata per voi, a quattro mani, dalla sottoscritta (polepole) e dalla silbietta.
Buona lettura!

La storia raccontata dai protagonisti

  • Mi chiamo Sancio.
    Sancio Panza.
    E sono il fedele servitore del mio signore, il cavaliere Don Chisciotte della Mancia.
    Lui ha promesso di rendermi signore di un’isola e io lo seguo fedele da quel giorno, col mio asino e le bisacce e la borraccia.
    A volte penso che” il mio signore non abbia tanto sale in zucca, come quella volta che si mise in capo di voler combattere contro dei mulini a vento, che credeva giganti smisurati: io gli dissi che così non era ma lui volle a tutti i costi confrontarsi con loro e ne ebbe la peggio. O come quella volta che il Moro Incantatore venne a farci visita in quella locanda che il mio padrone credea essere un castello e fummo bastonati e presi a colpi di lanterna dalle sue mani invisibili… ma che accade, ora? Ecco che il mio dovere di fedele servitore mi chiama: vedo il mio signore in grave affanno e per il mio buon cuore e per tutto il regno che lui mi ha promesso, devo correre a dargli il mio aiuto e la mia assistenza! Egli è là, in quel gran camerone e proprio lì, con la sua possente spada, ha tagliato la testa al gigante che tutti dicono essere otre di vino rosso…”” (polepole)
  • Bentrovati, o nobili signori.
    Lasciate che mi presenti: sono il famoso, e assai temuto Don Chisciotte della Mancia, il cavaliere più coraggioso e nobile che sia mai esistito.
    Viaggio senza sosta sul mio fido Ronzinante, il migliore tra tutti i destrieri. Bello, forte e fiero.
    Il nostro compito è quello di dar ragione dei torti e vendicare i più deboli.
    In questa mia impresa sono accompagnato da un fedelissimo castellano, ovvero il fido Sancio Panza.
    Vago senza una meta precisa, certo di riuscire a fare giustizia di tutti i torti subiti dalla povera gente.
    Ciò che mi fa essere tanto forte e ostinato è il desiderio di far vincere il Bene.
    E la certezza che, ad avventura ultimata, avrò finalmente l’amore della mia bramata Dulcinea del Toboso. (silbietta)

Il periodo storico

L’opera è stata pubblicata in due volumi, tra il 1605 ed il 1615.
Cervantes intendeva mettere in evidenza l’incapacità degli intellettuali dell’epoca di affrontare la crisi morale che stava sviluppandosi in Spagna. Materialismo e perdita degli ideali i principali fatti che contestava, scendendo poi nella critica all’esagerazione con cui venivano valorizzati gli immaginari eroi della letteratura cavalleresca.
Mentre invece i veri eroi, i soldati cristiani che combattevano le ‘vere’ guerre, come aveva fatto Cervantes stesso, non erano affatto valorizzati.

L’autore

Miguel de Cervantes Saavedra (Alcalá de Henares, 29 settembre 1547 – Madrid, 23 aprile 1616), non può essere considerato un umanista nel senso più stretto del termine. Nè lo si può definire un letterato di successo. Figlio di gente molto umile, si ritrovò a scrivere nei ritagli di tempo che gli consentivano i suoi studi. Scriveva con gioia e con la speranza di poter ricavare denaro e, perchè no?, gloria da ciò che produceva.
Predilisse i generi popolari, come il teatro e la novellistica.
Con la pubblicazione della prima parte del “Don Chisciotte” ebbe un certo successo.
Ma certamente non la gloria sperata.
Nelle opere di Cervantes ricorrono temi come il sogno, la fantasia, l’ignoto, la follia, l’istinto, come mezzi per mettere a nudo la coscienza umana.
E è fortemente presente il desiderio di condizioni esistenziali diverse in cui l’uomo possa essere libero e realizzare la propria individualità.
Questa esigenza è fortemente presente nel Don Chisciotte, anzi ne è il tema principale,  dove il folle ed idealista cavaliere e il realista scudiero Sancho ne sono espressioni diverse ma complementari.
Allo scrittore è stato intitolato il cratere Cervantes, sulla superficie di Mercurio.
Il giorno della sua morte, (lo stesso di  William Shakespeare e Inca Garcilaso de la Vega) è stato designato dall’UNESCO come Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore.

Lost in La Mancha

Don Chisciotte è famoso per le sue imprese impossibili.
Ebbene, ai giorni nostri la palma di Hidalgo sfortunato spetta al regista Terry Gilliam.
Perchè?
Se vi dicessi che è per colpa proprio di Don Chisciotte?
In effetti Gilliam, nel 2000 annunciò al mondo che il suo ambizioso progetto di portare sul grande schermo la storia del Quijote e di Sancho Panza stava per diventare realtà:
E partirono le riprese di The Man who killed Don Quixote.
Protagonisti Johnny Depp, nei panni di Toby Grosini, un uomo dei nostri tempi catapultato indietro nel tempo e scambiato dall’hidalgo per Sancho Panza, e Jean Rochefort in quelli di Don Chisciotte.
Il progetto era non solo ambizioso ma anche assai costoso.
E qui arrivarono i guai.
Perchè andò tutto storto: dalle riprese in una zona desertica di Madrid (ma troppo vicina ad una base militare), dove passavano in continuazione gli F16, creando rumori infernali e rendendo impossibile avere una registrazione delle voci degli attori che fosse appena sufficiente. Ma, volendo, quello era un problema risolvibile con il doppiaggio.
Poi arrivò il nubifragio…equipaggiamenti e location ko. E l’improvvisa malattia di Rochefort.
La produzione venne cancellata.
Nel 2008 Gilliam provò a tornare alla riscossa. Ma anche stavolta non ci fu nulla da fare.
E il Quixote non vide mai la luce.
Ma di questo disastro cinematografico abbiamo comunque una testimonianza visiva: è Lost in La Mancha, il documentario pubblicato nel 2002 che narra, appunto, questo viaggio allucinante di un regista e due attori, in lotta contro la sfortuna (o i Mulini a vento, chi lo sa), alla ricerca della gloria…o, soltanto, della fine della realizzazione di un film.

polepole
Polepole è Silvia, lettrice affamata e da poco tempo molto selettiva, geometra, architetto, perenne studente della vita. Sono nata nel 1973, in un soleggiato ultimo giorno di aprile, ho un marito e due figli meravigliosi, che riempiono la mia vita di emozioni belle. Passerei l’intera esistenza sui libri, con tazza di cioccolata fumante al seguito, senza distogliere lo sguardo se non per farmi conquistare dalla copertina di un altro libro.

4 COMMENTS

  1. @Elisa: e lo so che manca la citazione musicale…sono stata tentata dal cinema per una volta (che sia stata “colpa” di Sancho/Depp??) 😀
    @lucia: grazie assai! 🙂

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