Quando era bello, tutti lo ammiravano, soprattutto le donne, che gli si offrivano con sfacciataggine, e io lottavo contro il timore che la vanità e le tentazioni lo allontanassero da me, anche se lui non mi dava mai motivo di essere gelosa. Ora bisogna conoscerlo dentro, come lo conosco io, per sapere quanto vale. Non mi ricordo com’era; mi piace il suo strano viso deformato, la benda sul suo occhio cieco, le sue cicatrici. Abbiamo imparato a non discutere per le stupidaggini, ma solo per le cose importanti, e non è poco. Per evitargli inquietudini e seccature, approfitto delle sue assenze per divertirmi a modo mio, ecco il vantaggio di avere un marito molto impegnato. Non gli piace che io vada scalza per la strada, perché non sono più una schiava, che accompagni padre Antonio a soccorrere i peccatori a El Pantano, perché è pericoloso, né che assista alle bambousses in piazza del Congo, perché sono molto ordinarie. Non gli racconto mai niente riguardo a questi argomenti e lui non mi fa domande. Proprio ieri sono stata a ballare in piazza con i tamburi magici di Sanité Dédé. Ballare e ballare. Di tanto in tanto arriva Erzuli, loa madre, loa dell’amore, e possiede Zarité. Allora ce ne andiamo insieme al galoppo a trovare i miei morti nell’isola sotto il mare. Così è.
La recensione di L’isola sotto il mare di Isabel Allende
1770, Santo Domingo, prima che diventasse Haiti, prima che gli schiavi iniziassero la feroce lotta contro i bianchi per avere libertà e dignità.
Zaritè è nata schiava.
Una bambina magra, quasi ossuta, silenziosa, veloce ad apprendere.
Diventerà la perfetta cameriera personale della moglie di Valmorain, importante e ricco proprietario di una piantagione di canna da zucchero.
Da quella casa Zaritè uscirà adulta, con due figli, ma non si libererà mai di quell’uomo alla cui vita è legata a doppio filo.
Da Santo Domingo alla Louisiana, passando per Cuba, seguiamo le vicende della schiava Zaritè, detta Tetè, che si intrecciano a quelle dei rivoltosi e alla nascita di una nuova coscienza civile.
L’autrice racconta la rivolta degli schiavi nelle piantagioni, le repressioni del governo francese e l’inizio delle lotte degli abolizionisti americani.
La mia opinione su L’isola sotto il mare di Isabel Allende
L’isola sotto il mare è un romanzo a sfondo storico ma credo che la Allende non abbia l’animo dello storico e spesso ci si perde tra tutti i nomi e gli aneddoti di cui è ricca la parte centrale del romanzo.
Al contrario è molto bello l’inizio del libro.
Ben descritti la vita nella piantagione e la vita degli schiavi, considerati alla stregua di un tavolino o di un altro oggetto di casa.
Schiavi che devono adempiere al proprio compito senza lamentarsi, lavorando tutto il giorno e che quando muoiono vengono rimpiazzati con carne fresca senza troppi pensieri se non quelli prettamente economici sul costo di uno schiavo al mercato.
Ogni libro della Allende è una piacevole lettura.
Il libro si legge bene, lo stile è quello tipico dell’autrice sempre in bilico tra realtà e sogno.
La vicenda è narrata in terza persona e intervallata da brevi capitoli in cui è la voce stessa di Tetè a raccontare.
Però, c’è un però: sinceramente i suoi libri mi sembrano un po’ fatti tutti con lo stampino.
C’è sempre come protagonista una donna forte, che nella vita si trova ad affrontare pericoli e scelte difficili.
Troviamo sempre il giovane amante focoso, perfetta realizzazione erotica di qualunque desiderio femminile.
Il cattivo, di solito un uomo rude, fondamentalmente senza sentimenti e attenzioni, se non verso se stesso, che però in vecchiaia si riscatta.
In ultimo e c’è sempre un finale in cui le cose si sistemano per tutti.
Insomma: letto un libro, letti tutti. Questo non vuol dire che ci si annoi però forse sarebbe meglio leggere ogni libro ben distanziato nel tempo rispetto a quello precedente così da non incorrere in una sorta di deja vù letterario.
Buona lettura.
L’ isola sotto il mare
Isabel Allende
Feltrinelli, 2009, p. 426, €. 19,50
Ebbrava Siby , anche uando sei critica verso una delle mie scrittrici del cuore mi piace quello che scrivi 🙂
Che dirti… hai anche ragione sul fatto che i protagonisti siano un po’ sempre gli stessi… il trucco forse è proprio quello che dici tu: distanziare le letture nel tempo, facendo in modo che Isabel torni, col suo piacevole modo di scrivere, con le sue donne forti, con i suoi uomini così come sono.
Forse, a distanza di tanti anni da quando ho l’ho scoperta con Eva Luna, è proprio quella certezza che mi piace in lei: il suo ritorno con una storia nuova, che segue il solito schema e parla ancora una volta al cuore.
Con i primi libri devo ammettere però che non è andata così: La casa degli spiriti, D’amore e ombra, Eva Luna, Il piano infinito, Paula me li sono divorati uno dopo l’altro! ma forse ero giovane e alla ricerca di qualcosa che ho trovato proprio lì…
E poi hai ragione anche sul discorso storico: l’unica volta che ho avuto qualche difficoltà a leggere un libro di Isabel è stato con “Ines dell’anima mia”: molto ‘storico’ e troppo articolato per poterlo comprendere e sentire a fondo… l’ho abbandonato, poi ripreso, poi di nuovo abbandonato, poi ho esercitato il mio sacrosanto diritto di lettrice di poter saltare delle parti 🙂
Ora ho intenzione di ripartire dal suo nuovissimo libro: “Il quaderno di Maya”. Per vedere se, per caso, questa teoria va rivista…
Bella questa recensione, Siby! Bello il criticare, quando è costruttivo… 😉