A Parigi, la gente cammina molto più in fretta che a Guilvinec, Joss l’a-veva constatato da parecchio tempo. Ogni mattina, i pedoni filavano lungo l’avenue du Maine a una velocità di tre nodi. Quel lunedì Joss filava a poco meno di tre nodi e mezzo, nello sforzo di recuperare un ritardo di venti minuti. Per via dei fondi di caffè che si erano completamente rovesciati sul pavimento della cucina.
Non si era sorpreso. Aveva capito da tempo che le cose sono dotate di una vita segreta e perniciosa. Salvo forse alcuni accessori nautici che, a memoria di marinaio bretone, non l’avevano mai aggredito, il mondo delle cose era indubbiamente carico di un’energia tutta concentrata a rompere le palle all’uomo. Il più insignificante errore di manipolazione offriva all’og-getto un’improvvisa libertà che, per quanto minima, innescava una serie di sciagure a catena in grado di coprire un’ampia gamma, dalla seccatura alla tragedia. Il tappo che sfugge dalle dita era, nella tonalità minore, un model-lo base. Perché un tappo caduto non rotola ai piedi dell’uomo, assoluta-mente no. Si acquatta dietro al fornello, malignamente, come il ragno in cerca di inaccessibilità, scatenando per il suo predatore, l’Uomo, una se-quenza di cimenti variabili: spostamento del fornello, rottura del tubo di gomma, caduta di utensile, scottatura.
La recensione di Parti in fretta e non tornare, Fred Vargas
Da venticinque anni nella Polizia di Parigi, il commissario Adamsberg è un uomo lento. Riesce a riflettere solo camminando e i suoi pensieri sono aggrovigliati come gli scarabocchi che annota sui fogli. Brancola sempre nel buio, ma proprio quando sembra andare alla deriva viene folgorato da intuizioni geniali. Come quelle con cui risolverà un caso davvero misterioso, che parrebbe avere a che fare con simboli e superstizioni di un’altra epoca. Dopo avere scritto una saga incentrata su tre stralunati detective dilettanti, con questo romanzo Fred Vargas disegna il ritratto di un indimenticabile poliziotto.
Di notte, sulle porte delle case di Parigi, vengono dipinti con la vernice nera strane sigle e numeri.
Quasi contemporaneamente a questi fatti, dall’altro capo della città vengono depositate (in una cassetta delle lettere) strane lettere che parlano di malattia e di morte.
C’è un solo uomo in grado di capire che tra i due fatti esiste un legame: il commissario Adamsberg, creatura nata dalla penna di Fred Vargas.
Il quale, stavolta, viene suo malgrado catapultato in un mondo che parla al passato, un’indagine che finisce per allacciarsi ad uno dei periodi storici più bui e misteriosi. Il Medioevo, e la Morte Nera.
E se il passato e le sue paure irrazionali non fossero poi così distanti da noi?
Parti in fretta e non tornare rappresenta la terza avventura di Adamsberg.
E’ un romanzo che mette a nudo, attraverso la sapiente arte della scrittura (che la Vargas sa utilizzare assai bene) le paure irrazionali che sono ben celate nell’animo umano.
Quella paura che si scontra con la ragione.
La città perno della storia è Parigi, che viene descritta con dovizia di particolari, attraverso pagine che raccontano di vie, metrò, strambi personaggi che girovagano tra i vicoli.
Insomma, un giallo ben costruito, avvincente, caratterizzato da un gruppo di personaggi delineati in modo credibile.
E ogni volta che leggo un romanzo della Vargas, ho sempre una gran voglia di andare nei luoghi che lei descrive così bene.
Anche se poi, in quegli stessi luoghi, si consumano atroci delitti.
Parti in fretta e non tornare
Fred Vargas
Einaudi Stile Libero, 2006, 334 pag., € 13,00
ISBN 9788806182656