I film di Zebuk: Dogville, Lars Von Trier

Questa è la triste storia della cittadina di Dogville. Dogville era situata fra le montagne rocciose degli USA, quassù dove la strada si concludeva vicino all’entrata della vecchia e abbandonata miniera d’argento. I residenti di Dogville erano brave e oneste persone e amavano la loro cittadina.

 

La recensione del film Dogville

Una sera arriva a Dogville Grace, in fuga perché inseguita da alcuni gangster. Dogville è una cittadina con pochi abitanti, una miniera d’argento abbandonata e un cane, Mosè. C’è Tom, scrittore e intellettuale, che vive con il padre pensionato, Chuck e sua moglie Vera e i loro figli, luce dei loro occhi, Martha che si occupa dell’organo della Chiesa e di suonare la campana per richiamare tutti alle riunioni e poi Ma Ginger che gestisce l’emporio del paese. Accolta nella cittadina, Grace inizia a lavorare e cerca di farsi benvolere dagli abitanti ripagando la loro ospitalità con mille lavoretti. Se dapprima essi sembrano accettare la forestiera, una volta appreso che la polizia la sta cercando iniziano a comportarsi nei suoi confronti in modo meschino, violento e diffamatorio arrivando a legarla alla catena dopo un tentativo di fuga. Grace è praticamente loro schiava ma presto la situazione si ribalta perché Grace in realtà è figlia di un potentissimo gangster e saprà far pagare amaramente agli abitanti di Dogville la loro prepotenza.

Immaginate un teatro di posa e un palco su cui la scenografia sia scarna ed essenziale. Un narratore che con la sua voce fuori campo racconta e commenta lungo tutta la pellicola. Le case e lo stesso cane Mosè sono solo sagome tracciate a terra. La miniera è rappresentata da quattro pali, all’estremità del paese, vicino alla montagna, finta anch’essa.

Le case dicevamo: sagome disegnate, all’interno pochi mobili ad indicare l’uso domestico del luogo. Una culla, un divano, un tavolo, qualche sedia. Non ci sono porte. Tutti gli attori simulano l’apertura e la chiusura della porta aiutati anche dal sonoro, un cigolìo; non ci sono divisori tra una casa e l’altra come a voler mettere in evidenza che tutti sanno e vedono tutto ma che ognuno si occupa dei propri affari e fa finta di niente. Perché è proprio questo il punto in Dogville: il gruppo sociale dei cittadini che sfrutta Grace nel momento in cui scopre che è vulnerabile perché ricercata. Tutta quella solidarietà e quell’amicizia, tutto quell’amore proclamato, il giovane Tom è innamorato della ragazza, viene meno quando la cittadina si sente minacciata e decide di fare fronte comune contro il pericolo Grace. Persino Tom non alza un dito quando Grace viene messa a catena e nessuno dice nulla quando viene violentata. La scena della stupro è agghiacciante perché proprio grazie alla scenografia inesistente avviene sotto gli occhi di tutti: tutti sanno ma ognuno continua a fare quello che sta facendo: lavorare, accudire i bambini, giocare.

La mia opinione sul film Dogville

In questo mese dedicato al teatro, parlando dei film papabili, ci erano venuti in mente molti titoli che raccontavano momenti salienti della storia del teatro occidentale e orientale o semplicemente film tratti da opere famose. Poi abbiamo pensato che Dogville potesse essere l’anello di congiunzione tra cinema e teatro. Cinema perché è un film, ma allo stesso ha un’ impostazione dello spazio chiaramente teatrale, si ha l’impressione di essere il pubblico e di vedere uno spettacolo su un palco, si è spettatori ma allo stesso tempo anche gli abitanti di Dogville sono spettatori di ciò che avviene intorno a loro.

Certo i film di Lars Von Trier non sono mai facili da assimilare anche perché il regista spinge sempre le sue storie al limite. E lo spettatore è trascinato nella storia e coinvolto grazie anche alla scelta musicale, Vivaldi, che è perfetta per sottolineare la vicenda, Il film è stato realizzato nel 2003 e presentato al 56 Festival di Cannes.

Dogville è una storia sulla violenza gratuita, su come la tranquillità sociale di una cittadina possa essere scomposta in modo repentino e soprattutto una storia su come lo straniero venga sempre ritenuto tale da chi fa parte del gruppo originario. Grace non viene mai accettata, nemmeno all’inizio. In realtà è sopportata perché la ragazza si presta a fare qualunque lavoro, anche il più umile. Grace in fondo è un’anima pura, una ragazza che si fida degli altri. Dogville le aprirà gli occhi sulle brutture dell’animo umano che si celano anche in mezzo ad anime semplici.

Grace ci aveva già pensato per molto tempo… non aveva bisogno di una passeggiata per decidere la sua risposta, anche se la differenza tra la gente che conosceva a casa e la gente che aveva incontrato a Dogville si era dimostrata più sottile di quanto si aspettasse.[…] Grace volse lo sguardo sui volti spaventati dietro le finestre che seguivano ogni suo passo e si vergognò di aver in parte inflitto quella paura. Come poteva odiarli per ciò che in fondo era la loro debolezza? Probabilmente anche lei avrebbe fatto cose come quelle che aveva subito se avesse vissuto in una di queste case, tanto per valutarli con il loro metro come diceva suo padre. In tutta onestà, non si sarebbe comportata come Chuck e Vera e Ben e la signora Hanson e Tom e tutte quelle persone nelle loro case? Grace si fermò e in quel mentre le nuvole si dissiparono e fecero passare il chiaro di luna. E Dogville subì un altro di quei piccoli cambiamenti di luce. Era come se la luce prima così clemente e fioca alla fine si rifiutasse di mascherare ancora la cittadina.[…] Adesso la luce rivelava ogni irregolarità e difetto delle costruzioni e … delle persone. All’improvviso Grace ebbe più che chiara la risposta alle proprie domande. Se si fosse comportata come loro non avrebbe potuto difendere neanche una sola delle sue azioni e non avrebbe potuto condannarle con sufficiente asprezza. Era come se la sua afflizione e il suo dolore avessero finalmente trovato la giusta collocazione. No. Quello che avevano fatto non era abbastanza buono e se qualcuno aveva il potere di rimettere a posto le cose era suo dovere farlo, per il bene delle altre città, per il bene dell’umanità e non ultimo per il bene dell’essere umano: che era Grace stessa.

 

E’ una storia sulla meschinità e sulla piccolezza degli uomini, sulle vane parole che non corrispondono alle azioni, emblematica la figura del giovane Tom che parla di riscatto sociale e ama Grace ma che si comporta esattamente come tutti gli altri concittadini. E lo scontro tra Dogville e Grace finirà nel sangue, come in ogni tragedia che si rispetti.

La rappresentazione di Dogville non finisce con Grace che ritorna a casa col padre gangster, attenzione. Godetevi tutti i titoli di coda, una serie di fotografie, alcune in bianco e nero altre a colori, di minatori, lavoratori, pionieri sulle note di Young american di David Bowie. Ecco che il regista ci presenta la realtà che nel corso del film abbiamo vista dipinta alla sua maniera. È come se ci dicesse: fino ad ora avete visto la mia versione, ora ecco gli originali. Ecco l’America. Volti scavati dalla fatica e dal sole, con lo sporco a segnare le rughe, volti cattivi, volti straniti davanti alla macchina fotografica, donne con bambini al seguito, uomini con le tute da lavoro in fila davanti agli avvisi, ubriaconi, ragazzi davanti all’emporio.

Io lo trovo un film bellissimo ma io, quando si parla del regista danese, sono di parte. Mi piacerebbe che questa recensione facesse venire voglia anche a chi non lo conosce di vedere questo film. Certo, non vi dirò che è un film facile però è un film che merita di essere visto non foss’altro per la straordinaria bravura di tutti gli attori. Buona visione.

 

 

Titolo originale : Dogville Genere: drammatico, thriller, Regia : Lars Von Trier, Cast : Nicole Kidman, Paul Bettany, James Caan, Philip Baker Hall, Durata :

 

Foto: wikipedia.org

Francesca, 44 anni, mi firmo come SIBY su Zebuk. Amo leggere e fin da piccola i libri sono stati miei compagni. Leggo di tutto: classici, manga, thriller, avventura. Unica eccezione Topolino; non me ne vogliate ma non l’ho mai trovato interessante.

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