“Se qualcuno si fosse mai preso il disturbo di chiedermelo, avrei risposto che mi piacciono le stazioni, l’odore del legno, le lentiggini, quando ridi o quando piangi e non sai perché, la techno, le ragazze con i capelli rossi, l’MD, vomitare le budella, non arrivare a trent’anni, le tette di Viviana, i kebab di Mohammed, il vecchio campetto, l’ora prima dell’alba, quella canzone che non ricordo.”
La recensione di La notte in cui suonò Sven Vath, Lucio Aimasso
Federico Morelli, detto il Moro, è il protagonista sedicenne e technofolle di questo romanzo. Proviene da una famiglia borghese, non rispetta le regole e vive fuori dagli schemi.
Dopo l’ennesima bocciatura Il padre lo considera un fallito e la madre lo ignora. Quello che per Federico era un modello da seguire ora è solo odio e violenza.
Il Moro vive una vita allo sbando, cerca il divertimento nell’alcool, nella droga, nel sesso facile e nelle discoteche insieme alla sua band di amici.
In realtà è un ragazzo come tanti che ha bisogno di aiuto ed è proprio infrangendo le regole che cerca di attirare l’attenzione di chi gli sta attorno, soprattutto quella del padre.
E sarà proprio un risvolto doloroso a far capire a Federico e ai suoi amici che esiste un’altra strada e che dovranno solo avere in coraggio di imboccarla.
Non ci dimentichiamo quanto è stata dura la nostra adolescenza e che in fondo non abbiamo mai smesso di sognare.
Buona lettura!
La notte in cui suonò Sven Vath
Lucio Aimasso
Casa Sirio, 2017, p. 320, € 14,25
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