Cammino a testa china, al passo con le altre, con gli occhi bassi, silenziose in fila attorno al cortile, nello spazio quadrato tra le alte mura di pietra. Tengo le mani unite sul petto; sono screpolate, con le nocche rosse. Sono state sempre così, da quando mi ricordo. La punta delle mie scarpe appare e scompare sotto l’orlo della gonna, blu e bianco, blu e bianco, scricchiolano sul sentiero. Queste scarpe mi vanno meglio di tutte quelle che ho mai avuto. É il 1851. Tra qualche mese compirò ventiquattro anni. É da quando ne avevo sedici che sono rinchiusa qui. Sono una prigioniera modello, non creo problemi.
La recensione di L’altra Grace di Margaret Atwood
Nel 1843 il Canada è scosso da un terribile duplice omicidio.
Grace Marks, cameriera, insieme al suo amante James McDermott, uccide Sir Thomas Kinnear e la sua governante Nancy Montgomery.
McDermott verrà condannato all’impiccagione in quanto ritenuto l’esecutore materiale del duplice omicidio mentre Grace verrà condannata all’ergastolo.
Poiché le prove contro Grace sono circostanziali molti scrivono in suo favore per ottenerne la scarcerazione.
A tal proposito viene nominato un giovane psichiatra per tentare di capire se davvero Grace avrebbe potuto essere in combutta con McDermott al momento degli omicidi dato che la donna ha sempre dichiarato di non ricordare nulla di quel giorno.
Lo psichiatra riesce a conquistarsi la fiducia di Grace e lei inizia a raccontare la sua vita, dall’infanzia poverissima in Irlanda fino all’arrivo in casa del signor Kinnear.
Sarà davvero innocente, come continua a dire, oppure, come giurava McDermott durante il processo, è colpevole anche lei?
La mia opinione su L’altra Grace di Margaret Atwood
Ma nel mio Albero ci saranno tre triangoli diversi dagli altri. Uno bianco, dalla sottogonna di Mary Whitney, che ho conservato; uno giallino sbiadito, dalla camicia da notte della prigione, quella che ho chiesto per ricordo quando sono partita. E il terzo sarà di una stoffa chiara di cotone, a fiori bianchi e rosa, tagliata dal vestito che aveva Nancy nel mio primo giorno in casa Kinnear, e che io indossai sul traghetto verso Lewiston, quando fuggii.
Attorno a ciascuno farò un ricamo con filo rosso, perché si intonino al resto del disegno.
E così saremo tutte insieme.
L’altra Grace, scritto dalla penna meravigliosa di Margaret Atwood, si ispira ad una storia vera.
La scrittrice riprende le testimonianze dell’epoca, e ci racconta di povertà, violenza, condanna sociale.
Le cameriere erano una presenza costante nelle case dell’epoca. Sgobbavano da mattina a sera, sempre col sorriso ma considerate meno di niente dai padroni.
Chi lavorava sodo aveva il posto assicurato ma bastava poco per ritrovarsi senza lavoro. Le giovani cameriere dovevano guardarsi anche dagli uomini della casa e molte ricorrevano all’aborto per non far trapelare nulla, rischiando anche la vita come succede alla migliore amica di Grace, Mary Whitney.
In questo sfondo sociale si colloca la storia di Grace. Una donna che non ha istruzione, se non quel minimo per leggere e scrivere, che non sa nulla a parte pulire e servire in tavola.
Impreparata al mondo, in realtà non ha esperienza della vita al di fuori delle case dei padroni, eppure capace di osservare e scandagliare le persone fino all’osso. Una donna sempre comandata, a cui tutti hanno sempre detto cosa dire, quando e in che modo parlare, una donna abituata a dire sempre di sì, maltrattata dagli uomini, due volte vittima in quanto donna e di un ceto inferiore.
Grace racconta la sua vita sempre con toni pacifici, calmi, senza scossoni.
Dice e non dice, svela ma poi ritratta, si confessa innocente ma le prove in tribunale la sbugiardano.
Ogni colloquio con lo psichiatra ci fa scorgere un pezzetto della sua vita ma come si chiede il dottore stesso: dirà il vero o racconta ciò che vorremmo sentire?
Margaret Atwood non dà risposte, né indizi su quale potrebbe essere la verità e del resto sarebbe impossibile. Né le cronache dell’epoca possono aiutare a fare chiarezza su un personaggio così estraneo ed intrigante.
Grace resta per il lettore un enigma: assassina, mendace, crudele o al contrario ingenua, drammaticamente pura e puerile? La sensazione che qualcosa sfugga, che questa Grace così imperturbabile all’apparenza in realtà nasconda un ribollire convulso, non abbandona mai il lettore.
Un libro che è un capolavoro di narrazione e di tessitura degli eventi e dove il lettore rimarrà incantato dalle parole che Grace mette in fila una dietro l’altra, tutte strette, perfettamente concatenate come i punti minuscoli che il suo ago cuce senza mai fermarsi.
Buona lettura.
La serie tv L’altra Grace
Di me dicono tante cose. Che ho un brutto carattere, che sono una brava ragazza, che sono scaltra, che sono un po’ ottusa, che sembro al di sopra della mia posizione sociale. Mi domando come posso essere tante cose diverse tutte insieme.
Netflix ha trasmesso la serie tv omonima tratta dal romanzo. Scritta e prodotta da Sarah Polley è composta da sei episodi diretti da Mary Harron e ha Sarah Gadon nei panni di Grace.
L’altra Grace è un prodotto televisivo ottimo e la scelta di Sarah Gadon è eccellente.
I suoi occhi, il viso espressivo, la postura composta ma vibrante rendono vividissimo il ritratto di Grace.
I dialoghi sono perfettamente ripresi dal romanzo tanto che se, come me, vedrete prima la serie tv e poi leggerete il libro, vi sembrerà di risentire nella testa la voce dell’attrice.
L’altra Grace è una serie davvero ben fatta che ho molto amato.
Perché è meraviglioso quando si rispetta il romanzo e si riesce a portare sullo schermo una storia bella rendendola, se possibile, ancora più bella.
Buona visione.
L’altra Grace
Margaret Atwood
Ponte alle Grazie, 2017, p. 563, €. 20,00