Tutte le vite iniziano con una donna e così anche la mia, una donna con i capelli rossi che entra in una stanza e ha addosso un completo di lino, l’ha tirato fuori dall’armadio per l’occasione, se l’è comprato al banco di Porta Portese, il banco buono dei vestiti di marca ribassati, non quelli da poche lire, ma quelli con sopra il cartello: PREZZI VARI.
La recensione di L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito
Tutti pensano che la vita sia facile, che i diritti siano acquisiti.
Che una casa ci sia per tutti, che le leggi funzionino, che tra gli ultimi ci si aiuti e che le istituzioni lavorino bene.
Ma non sempre è così anzi, quasi mai.
E allora le cose te le devi prendere, esigerle, ricordare che tu esisti.
Antonia sa che nessuno le darà ciò che le serve se non va a prenderselo e così, con tanto coraggio, faccia tosta e minacce riesce a farsi assegnare una casa.
Il palazzo è nel centro di Roma, signorile, abitato da persone a modo ma la donna preferisce scambiare l’assegnazione e così trasferisce la famiglia sul lago di Bracciano.
Antonia esige che la sua famiglia sia rispettabile, integerrima, irreprensibile e carica la figlia del peso di tutte le sue aspettative.
Per Gaia però le idee della madre sono castranti: lei vuole essere come tutti gli altri, non vuole sentirsi quella diversa, coi capelli tagliati a casa, con le felpe enormi del fratello, con lo zaino da non rovinare per lasciarlo ai fratelli più piccoli.
Gaia impara a dissimulare, a fregarsene, salvo reagire con violenza quando decide che si è superato il limite.
Non abbassa mai la testa: è tenace, testarda, durissima nel suo guardare il mondo, gli amici, la cittadina di Anguillara Sabazia, teatro della sua crescita e delle sue irrequietezze.
La mia opinione su L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito
L’acqua del lago non è mai dolce è uno dei libri in gara per il Premio Strega.
Una storia durissima, una lettura che cattura fin dalle prime righe, intensa e trascinante.
Antonia e Gaia sono i due perni della narrazione e il loro rapporto è il motivo di tutte le scelte, sbagliate o meno, che farà Gaia.
L’acqua del lago non è mai dolce è un romanzo che mette in campo moltissime sottotrame: l’assegnazione di una casa, la disabilità, il suicidio, la disuguaglianza sociale, il sentirsi parte del gruppo, la lotta politica.
Gaia non è un personaggio che si fa amare. Spesso, pur capendo le motivazioni che la spingono, non si può condividere il suo modo di fare, il suo essere così priva di empatia, così rabbiosa, così volutamente distante dagli altri.
Antonia muove le fila di tutto, spinge Gaia a studiare nella speranza di un lavoro migliore ma non sempre voti alti e bravura a scuola garantiscono uno stipendio.
Giulia Caminito scrive un romanzo intenso, bellissimo, appassionante, con personaggi potenti e indimenticabili.
Una storia dove non c’è lieto fine, né riscatto per i personaggi, dove chi è povero rimane povero e il lavoro in nero è l’unico disponibile.
Nessuna emancipazione per Gaia, nemmeno sul finire quando Antonia per l’ennesima volta decide il destino della famiglia e della ragazza tornando a Roma, nella casa assegnata all’inizio del romanzo, togliendo Gaia dal lago, dai pochi amici, dalle quattro strade di Anguillara Sabazia.
Il lago, teatro di ogni emozione, luogo magico, dall’acqua scura, stagnante. Il lago che ha visto Gaia crescere, l’acqua che attrae, risucchia, ingoia ma che Gaia ha imparato a domare, a fare sua. Un luogo dove essere se stessa. Il luogo che è diventato casa.
Se avessi la macchina ora mi metterei in movimento e attraverserei la città per lasciarla, per uscirne e tornare al vociare del mercato del lunedì, ai pattini rossi e remati con lentezza, alle pizze gamberetti e salmone, agli ombrelloni piantati nella sabbia con le pale e con i piedi, ai giochi gonfiabili impiccati e appesi fuori dal giornalaio che fanno preoccupare le bambine, ma sono ferma qua, e qua è dove sono arrivata.
Buona lettura.
L’acqua del lago non è mai dolce
Giulia Caminito
Bompiani, 2021, p. 304, €. 18,00