Credono di vivere in nome di ciò che vogliono. Ma in realtà si fanno guidare da ciò di cui hanno paura, da quello che non vorrebbero assolutamente.(Khaled Hosseini)

Ci siamo prese qualche giorno di ferie.
Come tutti però siamo state riportate alla realtà dalle drammatiche le immagini arrivate da Kabul.

Tra di noi ci siamo chieste che contributo potessimo dare come Zebuk.
Come spesso facciamo, abbiamo quindi raccolto una serie di libri per provare a comprendere meglio l’Afghanistan e tutto ciò che vi sta accadendo.

Voi ne avete letti altri?



BUSKASHÌ. VIAGGIO DENTRO LA GUERRA
Gino Strada
Feltrinelli, 2003, 178 pag., € 12.00

Gino Strada, chirurgo di guerra e fondatore di Emergency, l’associazione umanitaria italiana per la cura e la riabilitazione delle vittime di guerra e delle mine antiuomo, racconta in questo libro la storia del viaggio in Afghanistan iniziato il 9 settembre 2001, due giorni prima dell’attentato terroristico di New York. L’autore firma questo diario di viaggio che è al tempo stesso una testimonianza della guerra che ha portato alla disfatta dei talebani, la conquista della capitale da parte dell’Alleanza del nord e la “liberazione” di Kabul.



TALEBANI. ISLAM, PETROLIO E IL GRANDE SCONTRO IN ASIA CENTRALE
Ahmed Rashid
Feltrinelli, 2010, 364 pag., € 10.00

La scalata al potere dei talebani, il loro impatto sull’intera regione dell’Asia centrale, il loro ruolo nelle strategie delle grandi compagnie petrolifere, il mutamento della politica estera americana. Oltre a definire questi aspetti che sono ormai al centro di un’attenzione planetaria, Ahmed Rashid disegna con efficacia, e con la scorrevolezza tipica del buon giornalismo di marca anglosassone, l’attuale volto del fondamentalismo islamico, spiegando perché proprio l’Afghanistan sia diventato il punto cardine del terrorismo mondiale. Dopo avere ripercorso gli avvenimenti storici che hanno portato alla cosiddetta “rivoluzione afgana” del 1973, l’autore analizza il movimento dei talebani sotto diversi piani e aspetti (l’interpretazione del Corano, le politiche sociali, il coinvolgimento nel commercio dell’oppio, il rapporto con Osama bin Laden) per descrivere infine gli scenari più inquietanti del “Grande Gioco” di politica internazionale che ruota intorno alla questione petrolifera.



TUTTE LE STRADE SONO APERTE. VIAGGIO IN AFGHANISTAN 1939-1940
Annemarie Schwarzenbach
Il Saggiatore, 2015, 168 pag., € 15.00

Inquieta, androgina, nomade in fuga da se stessa, icona eterea e trasgressiva: Annemarie Schwarzenbach è tutto questo, un romantico Ulisse senza Itaca. In un nefasto 1939, lasciandosi alle spalle un’Europa sull’orlo della guerra e l’amore tormentato con Erika Mann, Annemarie prende la via dell’Oriente a bordo di una Ford con l’amica scrittrice Ella Maillart. Due donne sole scoprono l’Afghanistan, un paese ai confini del mondo dove il tempo è rarefatto e brevi tragitti diventano peregrinazioni di giorni interi. Annemarie racconta quello che vede e sente in un quaderno di viaggio che lascia stupiti per la sua incredibile modernità: quei paesaggi scomparsi, distrutti dalle recenti guerre, dilaniati dalle tensioni etniche, attraverso le parole di Annemarie si mostrano ancora nella loro purezza, in un riverbero di colori polverosi, sguardi profondi, voci lontane. Prende forma un viaggio che è dura scuola di vita, abitudine all’incontro e alla perdita, apertura all’altro e alla parte più in ombra di se stessi. Dalla Turchia alla Persia, fino agli altopiani afghani, Annemarie si interroga sulla condizione delle donne col chador, si ferma a bere il tè nelle tende giallo ocra delle tribù pashtun, attraversa tempeste di sabbia e deserti di cardi. Nomi come Pamir, Hindu Kush e Mazar-i-Sharif, molto più che indicazioni geografiche, nel suo taccuino divengono suono e colore, ricordo e mistero.


IL GRANDE GIOCO
Peter Hopkirk
Adelphi, 2010, 624 pag., € 16.00

“Grande affresco storico sul Grande Gioco, come lo chiamò Kipling, che impegnò inglesi e russi, per buona parte dell’Ottocento, in Afghanistan, in Iran e nelle steppe dell’Asia centrale. Mentre il grande impero moscovita scivolava verso i mari caldi inghiottendo ogni giorno, mediamente, 150 chilometri quadrati, la Gran Bretagna cercava di estendere verso nord i suoi possedimenti indiani. Vecchia storia? Acqua passata? Chi darà un’occhiata alla carta geografica constaterà che i grandi attori hanno cambiato volto e nome, ma i territori contesi o discussi sono sempre gli stessi. In queste affascinanti “mille e una notte” della diplomazia imperialista il lettore troverà l’antefatto di molti avvenimenti degli scorsi anni in Afghanistan e in Iran.” (Sergio Romano)


STANOTTE GUARDIAMO LE STELLE
Alì Ehsani
Feltrinelli Editore, 2017, 270 pag., € 9.50

Afghanistan, anni novanta. Ali è un ragazzino che trascorre le giornate tirando calci a un pallone con il suo amico Ahmed, in una Kabul devastata dalla lotta tra fazioni, ma non ancora in mano ai talebani. La città non è sempre stata così, gli racconta suo padre: un tempo c’erano cinema, teatri e divertimenti, ma ad Ali, che non ha mai visto altro, la guerra fa comunque meno paura delle sgridate del maestro o dei rimproveri della madre. Il giorno in cui, di ritorno da scuola, Ali trova un mucchio di macerie al posto della sua casa, quella fragile bolla di felicità si spezza per sempre. Convinto inizialmente di aver solo sbagliato strada, si siede su un muretto e aspetta il fratello maggiore Mohammed, a cui tocca il compito di spiegargli che la casa è stata colpita da un razzo e che i genitori sono morti. Non c’è più niente per loro in Afghanistan, nessun futuro e nessun affetto, ma “noi siamo come uccelli (…) e voleremo lontano”, gli dice Mohammed, che lo convince a scappare. E in quello stesso istante, l’istante in cui inizia il loro grande viaggio, nascosti in mezzo ai bagagli sul portapacchi di un furgone lanciato verso il Pakistan, Mohammed diventa per Ali un padre, il miglior amico e, infine, un eroe disposto a tutto pur di non venire meno alla promessa fattagli alla partenza: Ali tornerà a essere libero e a guardare le stelle, come faceva da bambino quando il padre gli spiegava le costellazioni sul tetto di casa nelle sere d’estate. Dal Pakistan all’Iran, e poi dall’Iran alla Turchia, alla Grecia e infine all’Italia, quella di Ali e Mohammed è un’epopea tragica, ma anche una storia di coraggio, determinazione e ottimismo.


L’ULTIMO LENZUOLO BIANCO
Farhad Bitani
Neri Pozza, 2020, 208 pag., € 17.00

Sono tante, forse troppe, le cose che ho visto nei miei primi trentatré anni di vita. Adesso le racconto. Ho lasciato le armi per impugnare la penna. Traccio i fatti senza addolcirli, senza velarli. Dopo aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza nell’ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità.
Inizia così la sconvolgente testimonianza di Farhad Bitani, ex capitano dell’esercito, un giovane uomo che ha attraversato da osservatore privilegiato la storia dell’Afghanistan: dal potere dei mujaheddin ai talebani fino al governo attuale, che vive sotto l’ombrello occidentale. Farhad nasce a Kabul nel 1986, ultimo di sei fratelli. Suo padre è un generale dell’esercito di Mohammad Najibullah Ahmadzai, il quarto e ultimo presidente della Repubblica Democratica dell’Afghanistan. Ma, con la presa del potere da parte dei mujaheddin, nel 1992, le cose cambiano. Solo rinnegando il passato e diventando un mujahed, il padre di Farhad avrà salva la vita. Da quel momento l’esistenza del giovane Farhad cambia radicalmente. La sua famiglia si trasferisce in una grande casa, presidiata dagli uomini della scorta. È a loro che Farhad chiede in prestito le armi, per i suoi giochi di bambino. Quello che sogna è un futuro da combattente, alla testa di un manipolo di uomini. Sparare, uccidere, avere potere e ricchezza: non c’è nulla che desideri di più. Ma le cose sono destinate a mutare ancora. Quando i talebani strappano il potere ai mujaheddin, la sua famiglia cade in disgrazia. Mentre suo padre si trova in prigione, Farhad conosce la fame, la miseria, l’indottrinamento forzato all’Islam. Condotto allo stadio, viene costretto ad assistere alle lapidazioni del venerdì, le punizioni per gli infedeli, coloro che trasgrediscono le leggi del fondamentalismo. Sarebbe facile cedere all’imbarbarimento, credere a ciò che viene inculcato, diventare come coloro che professano la pace, alimentando la guerra. Ma se fosse possibile un destino diverso? Si può attraversare l’inferno e uscirne redenti?


NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI. STORIA VERA DI ENAIATOLLAH AKBARI
Fabio Geda
Baldini + Castoldi, 2017, 151 pag., € 12.00

Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo. Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia né a cancellargli dal volto il suo formidabile sorriso. Enaiatollah ha infine trovato un posto dove fermarsi e avere la sua età.Questa è la sua storia.


MILLE SPLENDIDI SOLI
Khaled Hosseini
Piemme, 2014, 408 pag., € 11.90

A quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua “kolba” di legno in cima alla collina, osserva i minareti in lontananza e attende con ansia l’arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché Mariam è una “harami”, una bastarda, e sarebbe un’umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L’unica cosa che deve imparare è la sopportazione. Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell’aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile. Dall’intreccio di due destini, una storia che ripercorre la storia di un paese in cerca di pace, dove l’amicizia e l’amore sembrano ancora l’unica salvezza.


LA CASA SENZA FINESTRE
Nadia Hashimi
Piemme, 2018, 472 pag., € 19.90

A volte due donne, insieme, possono più di un intero mondo di uomini. È un giardino piccolo, quello di Zeba, con un cespuglio di rose in un angolo, ma è il suo giardino. E mai avrebbe immaginato di trovarvi, in un mattino di sole, il corpo senza vita di suo marito. E così proprio lei, moglie innamorata e madre generosa, si ritrova accusata di aver compiuto il crimine che rovinerà per sempre la sua famiglia. È così che funziona, in Afghanistan. Zeba, per lo shock, non è in grado di spiegare dove fosse quando l’omicidio è stato compiuto: e, in un attimo, diventa lei l’unica colpevole possibile. Colpevole di avere, forse, ucciso suo marito, ma soprattutto di non aver saputo badare a lui, come se aver perso per sempre l’uomo che amava fosse una sua colpa. Arrestata e imprigionata, Zeba finisce così nella “casa senza finestre”, una sorta di prigione per sole donne, chiamata Chil Mahtab, quaranta lune, il tempo minimo che una donna condannata deve passarci. Un posto dove finiscono le donne come Zeba, dietro le quali gli uomini nascondono la propria debolezza; o quelle troppo pericolose, che non stanno zitte; o, ancora, quelle la cui vita è stata rovinata in nome di un onore che non appartiene a nessuno, di sicuro non agli uomini. Con loro, Zeba stringerà amicizie e legami: perché c’è più aria nella casa senza finestre che nel mondo là fuori.


UN ANNO IN AFGHANISTAN. VIAGGIO AL CENTRO DELLA GUERRA
Marco Henry
Newton Compton Editori, 2020, 255 pag., € 10.00

Uno straordinario racconto in presa diretta, senza mediazioni, il diario di un uomo che ha vissuto per oltre un anno in uno dei peggiori teatri di guerra del pianeta. Responsabile degli approvvigionamenti per i contingenti schierati in Afghanistan, l’autore di questa toccante e vivida testimonianza descrive le difficoltà del suo lavoro, i viaggi quotidiani all’insegna del rischio di attentati, la vita dentro le strutture militari in compagnia di persone di tutto il mondo, gli incontri brevi ma al tempo stesso intensi con la popolazione locale. In un luogo dannatamente ostile e pericoloso, le precauzioni non sembrano mai sufficienti. Ogni spostamento è attentamente programmato e sorvegliato. Ma, purtroppo, non tutto va sempre per il verso giusto. Gli stranieri vengono presi di mira e sono spesso vittime di feroci assalti o attentati kamikaze. Tra paura e forti emozioni, in un mondo sconvolto da un conflitto che sembra non finire mai, Un anno in Afghanistan è una lettura imperdibile per chi voglia capire fino in fondo cos’è la guerra, raccogliendo elementi e riflessioni che TV e giornali non ci hanno mai proposto.


Classe 1983 anni, romagnola, mamma di due splendidi bambini e di una stella nel cielo. Programmatrice, lettrice e multitasking (o almeno ci si prova!) Mi piace la lettura da sempre, ho voluto una libreria ampia e spaziosa nella casa nuova, che accogliesse tutti i miei libri. A natale, stufo dei libri accatastati ovunque, mio marito mi ha comprato un ereader. Ed è stata la fine…..

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