Trovavamo un pretesto qualunque per uccidere: il fatto di essere membri del Partito o della lega dei Lavoratori, e così via; qualunque pretesto era valido. In tal modo siamo arrivati a odiare la nostra gente e persino noi stessi.
La recensione di L’ospite di Hwang Sok-Yong
Ryu Yo-Sop, pastore protestante in esilio a New York, decide dopo molti anni di tornare in patria. Infatti la Corea del Nord permette di rientrare agli esuli per incontrare i parenti ancora in vita e rivedere i luoghi dell’infanzia.
Anche il fratello di Yo-Sop, Yo-Han, vive a New York ma non ha alcun desiderio di tornare in Corea. I ricordi che si è lasciato alle spalle sono terribili e i sensi di colpa per ciò che ha fatto durante la guerra di Corea non gli danno tregua.
Quando Yo-Sop arriva in patria trova un paese molto diverso da come lo ricordava. Eppure più si avvicina al suo villaggio, più incontra i parenti che credeva morti e più i ricordi si fanno nitidi. Yo-Sop sa che il fratello ha compiuto cose inenarrabili: ha ucciso amici, vicini di casa, donne e bambini. È stato uno dei giovani più crudeli durante i mesi di lotte fratricide tra villaggi in nome del comunismo e della religione.
Yo- Sop ha però una missione da compiere: seppellire una piccola parte di Yo-han, morto poco prima del suo viaggio, e pacificare il suo spirito.
Il viaggio di Yo-Sop è un viaggio nel presente e nel passato – la narrazione alterna infatti continui salti temporali tra il ritorno in Corea e ciò che è accaduto nel paese quando Yo-Sop aveva circa quattordici anni
La mia opinione su L’ospite di Hwang Sok-Yong
L’ospite già dal titolo mostra i suoi vari livelli di lettura.
Chi è infatti l’ospite?
È sicuramente Yo-Sop che è appunto ospite in patria, in un viaggio seguito passo passo dalle guide messe a disposizione dal governo che lo accompagnano in ogni spostamento non mancando mai di evidenziare quanto il governo sia lungimirante nel promuovere questo tipo di politica.
Ma l‘ospite è anche il nome che i coreani davano al vaiolo, la terribile malattia che devastava volti e villaggi. E ospiti sono stati cinesi e americani, cristiani e protestanti che hanno distrutto un paese già provato dalla dominazione giapponese creando una situazione in cui nessuno era al sicuro.
Yo-Sop vive questo ritorno in Corea con sentimenti contrastanti. Da una parte è emozionato nel ritrovare i volti amati ma allo stesso tempo è stordito dalla rilettura della storia fatta dalla politica. I superstiti dei massacri raccontano una falsa verità. Incolpano gli Stati Uniti addossando al loro esercito la responsabilità degli stupri e degli eccidi invece di raccontare di come persone che avevano passato tutta la vita insieme un giorno abbiano iniziato a uccidersi per un’ideologia.
L’ospite è un romanzo potentissimo, magnifico. Hwang Sok-Yong scrive con una prosa capace di descrivere poeticamente i paesaggi amati come di raccontare la brutalità della guerra in tutto il suo orrore.
Un libro che racconta quanto l’ideologia, politica o religiosa che sia, possa seminare odio e rabbia distruggendo intere famiglie ed estirpando dal cuore degli uomini ogni sentimento di giustizia.
Buona lettura.
L’ospite
Hwang Sok-Yong
Baldini Castoldi, 2006, p. 279, €. 9,90