Come vi avevamo accennato a giugno, iniziamo con questo guest post la collaborazione mensile fissa con Roberta Michelotto.
Verranno affrontati tanti temi, dal punto di vista psicologico, che poi faranno da spunto ad una riflessione a tutto tondo, condita da consigli letterari, ma anche cinematografici e, come in questo caso, musicali.
Il tema di questo mese è facilmente intuibile dal titolo: il “troppo amore” che porta le donne ad annientarsi.
Una tematica tristemente attuale.
L’articolo di Roberta non vuole dare una soluzione al problema.
Ma parlandone, condividendolo con altre persone, ci auguriamo di sensibilizzare più gente possibile.
E, magari, di rendere consapevoli quelle donne che amano troppo.
Buona lettura!!
************************
“Amare è come una droga: all’inizio viene la sensazione di euforia, di totale abbandono. Poi il giorno dopo vuoi di più. Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo. Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa. Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti. Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga. A quel punto, come i drogati rubano e s’umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amor”e. (Paulo Coelho)
Amore, una parola bellissima, un sentimento totalizzante e appagante che tutti dovrebbero sperimentare nella vita. Si ama e si è amati fin da bambini: le cure genitoriali sono amore, il sorriso è amore, gli abbracci le coccole…ma anche i rimproveri, le discussioni, i piccoli conflitti sono comunque manifestazioni d’amore.
Nella vita di coppia, l’Amore è dato da un equilibrio di reciproco affetto, passione, rispetto e condivisione di obiettivi.
La reciprocità nello scambio tra il dare e il ricevere, le attenzioni nei confronti e per il bene dell’altro/a, sono uno degli elementi fondamentali della stabilità e dell’amore in una coppia.
Tutto questo, però non è sempre così ovvio.
Perché l’amore può essere vissuto anche come sofferenza, rinuncia, annullamento di sé, sentimento di colpa…. Questo succede quando l’amore è a senso unico, quando all’interno della coppia si alterano tutta una serie di equilibri, dove il malessere psicologico ha la meglio sul benessere.
Normalmente se all’interno di una coppia entrano in gioco elementi ingestibili, si arriva alla fine della relazione. Quando invece, nonostante tutto, la coppia rimane integra ci si può trovare in una situazione di dipendenza affettiva, che si caratterizza per il fatto che uno dei due partner è completamente dipendente dall’altro. Dipendenza, che lo porta ad annullarsi come persona tanto da ritenere come normale il vivere l’amore come una sofferenza.
Si parla di dipendenza affettiva quando L’Amore nei confronti del partner è:
- Ossessivo, perché è impossibile ritagliarsi degli spazi personali e tutto deve essere vissuto in virtù del partner
- Parassitario, caratterizzato da continue richieste da un partner e completa devozione da parte dell’altr
- Condannato a ripiegarsi su se stesso, perché la coppia vive tendenzialmente isolata e limita al massimo qualsiasi tipo di relazione sociale. Viene soffocato ogni interesse personale, in nome di un amore che deve occupare il primo e unico posto nella vita.
Questo tipo di amore così totalitario e “prigioniero”, ha una forte incidenza femminile.
Si stima che il fenomeno sia diffuso al 99% tra le donne in molti paesi del mondo (Miller, 1994). Inoltre vi è la tendenza ad essere associato a disturbi post-traumatici da stress, per cui in genere questa forma di dipendenza si osserva in persone che hanno anche vissuto abusi o maltrattamenti, un aspetto che fa pensare che siano stati tali eventi a far sviluppare forme affettive dipendenti.
Il fatto che la dipendenza affettiva sia un fenomeno diffuso più tra le donne che tra gli uomini, sembra dipendere da un diverso funzionamento psichico tra i due sessi, e in particolare la presenza di una tendenza degli uomini a reagire diversamente ai traumi subiti rispetto alle donne.
Gli uomini in generale, allontanano dalla mente il dolore delle violenze, carenze affettive o delle prevaricazioni subite, identificandosi con l’attore di queste aggressioni. Funzionamento che comporta l’assunzione del ruolo precedentemente subito, oppure nella manifestazione del bisogno di una dipendenza che non è stata sperimentata positivamente nelle relazioni affettive, attraverso l’abuso di sostanze.
Le donne, invece hanno la tendenza a rivivere ciò che hanno subito riproducendo le carenze o le violenze con l’illusione di controllarle e di riscattarsi dal passato (Miller D. 1994).
La storia personale inoltre, ha un ruolo fondamentale nell’alimentare la dipendenza affettiva.
Situazioni di gravi deprivazioni affettive durante l’infanzia, possono far si che in età adulta ci si identifichi con un partner nel tentativo di salvarlo/a che però coincide con il tentativo inconscio di salvare se stessi.
Quando si vive in una situazione di dipendenza affettiva, la tendenza è quella di:
- Sottovalutare la fatica nell’attivarsi ad aiutare la persona amata
- Avere il terrore dell’abbandono, che porta a fare cose impensabili pur di evitare la fine della relazione
- Avere una bassa autostima accompagnata da una convinzione di non meritare la felicità
- Assumersi regolarmente le colpe e le responsabilità della vita di coppia
- Vivere con l’illusione che un giorno il partner possa cambiare senza basarsi sulla situazione reale e concreta
I primi passi per uscire da questa forma d’amore soffocante e distruttivo, sono quelli di:
- Riconoscere di avere un problema. Difficile, perché chi si trova a vivere questo stato d’amore basato sulla sofferenza, ritiene che il suo sia l’Amore e che non ce ne possano essere altri.
- Non alimentare la falsa speranza che il comportamento del partner possa cambiare
- Imparare ad amare se stesse/i
- Trovare sostegno in una psicoterapia e/o un gruppo di auto-aiuto
“L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo. L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso. Allora non sarà, ma trascinerà” (H.Hesse)
Per approfondire l’argomento
Link:
- http://www.francescazanatta.it/pagina5.html
- http://www.benessere.com/psicologia/arg00/dipendenza_affettiva.htm
Libri:
- Ghezzani N.: “Quando l’amore è una schiavitù” 2006 Franco Angeli
- Miller D.: “Donne che si fanno male” 1994 Feltrinelli
- Norwood R.: “Donne che amano troppo” 1985 Feltrinelli
Vi consiglio inoltre due romanzi di Marcela Serrano
- “L’albergo delle donne tristi”
- “Noi che ci vogliamo così bene”
Film:
- “Il colore viola” di S. Spielberg 1985
- “Adele H” di F. Truffaut 1975
- “Troppo Amore” di L. Cavani 2012 (Rai Fiction)
- “La fuga di Teresa” di M. Von Trotta 2012 (Rai Fiction)
Brano musicale:
- “Mai per Amore” di G. Nannini
Leggendo mi sono venuti i brividi.
L’equilibrio di certi meccanismi è a volte troppo complicato da mantenere: scegliere rapporti sani non è ovvio, è vero, ma non è nemmeno facile.
Io vivo fasi in ogni rapporto e come un bimbo piccolo cerco di capirci sempre di più, grazie per questo tuo intervento. 🙂
Grazie a te. La vita di coppia non è per niente semplice proprio perchè ogni partner ha la propria personalità e individualità che spesso vorrebbe fosse predominante sull’altro/a. Trovare il giusto equilibrio è come preparare un buon piatto: ci vuole pratica, costanza, passione…sperimentare con nuovi ingredienti…scottarsi…ma poi arriva il momento in cui si “gode” della prelibatezza che si è riusciti a preparare!…Si passa così ad un’altra ricetta …. 🙂
Che bel post Roberta, interessanti anche gli spunti di lettura.
Grazie Angela 🙂
L’albergo delle donne tristi della Serrano è molto calzante, che bell’articolo Roberta: voglio sperare che possano leggerlo le donne (ma anche gli uomini) che ne hanno bisogno.
L’albergo delle donne tristi è un libro che ho letto qualche anno fa e che porto nel cuore. La Serrano scrive molto bene…i suoi racconti sono ricchi di suggestione. Tenendo conto che il contesto è completamente differente dal nostro, le problematiche in questo caso sono le stesse che sicuramente vivono tante donne qui come in altre parti del mondo. Questo ci deve far riflettere sul fatto che le nostre difficoltà, qualunque esse siano, con sfumature differenti, sono vissute anche da altre persone. Condividere la sofferenza ci può far sentire meno soli e ci può dare la possibilità di trovare una via d’uscita alla quale da sole/i non ci avremmo mai pensato.
Un articolo molto profondo, per un tema complesso di cui si parla sempre poco. Mesi fa, ho letto uno degli ultimi libri della Serrano “Dieci donne” . Una lettura molto forte, dove le protagoniste, sono paragonabili a giunchi che si piegano quando arriva la piena, senza spezzarsi.
Un passaggio su cui ho riflettuto molto e che vi regalo…
“La buona memoria può essere feroce. Ricordare tutto significa afferrare ogni giorno un coltello affilato e tirarsi via strati di pelle”
Grazie…
Grazie a te Bluma. La frase che hai voluto regalarci, merita veramente una profonda riflessione che invito tutte a fare….
… Marcela Serrano nei suoi racconti ci fa capire molto bene come la condivisione dei ricordi e della sofferenza, sia un primo e valido aiuto per riuscire a trovare un modo con il quale “conviverci” senza che questi continuino a distruggerci…..lentamente.
Cara Roberta, noi donne siamo capaci di accogliere il dolore, ma è un nostro dovere, attraverlo per poi non possederlo più.
Spesso, dimentichiamo le nostre preziosità, il nostro essere speciali ed uniche.
Auguro a noi tutte di vederci sempre belle ai nostri occhi…
Cruda questa frase. Ma quanto è vera, in special modo quando la vita non è stata particolarmente generosa con noi…
Grazie Bluma, ci piacerebbe saperne di più su Dieci donne… 🙂
Sono nove racconti, nove donne che si ritrovano nello studio della loro psicoterapeuta. Qui raccontano le proprie storia e le ragioni di quelle sedute di terapia. Si attraversa mondi diversi, eppur così vicini. Parlano uno stesso linguaggio: una femminilità spesso taciuta o vista come un peccato. La decima donna è la stessa psicoterapeuta, perché in ogni sua paziente c’è un pezzettino di lei, delle sue cicatrici. Consiglio questa lettura, SOLO se le nostre ferite non sanguinino ancora, altrimenti ci si fa troppo male!!!
Grazie a te, polepole 🙂
E io penso proprio che questa recensione la leggerei volentieri, sai? 😉 che dici? se po’ fa’?
Ci proverò :))
Che bel post Roberta e quanti spunti di riflessione anche qui nei commenti , grazie