Intervista a Flavia Todisco

Oggi ho il piacere di intervistare per voi Flavia Todisco, autrice di Senza scontrino non si esce e Scontrini d’autunno.

1)   Ciao Flavia, benvenuta su Zebuk, ci racconti di te, cosa fai oltre a scrivere? 

Ciao Angela, buon giorno a te, alle lettrici e ai lettori di Zebuk. Allora, oltre a scrivere, insegno Lettere alle Superiori: è un lavoro che amo, che mi impegna molto, offrendomi però in cambio moltissimo. Il lavoro con i ragazzi è impegnativo, ma è anche decisamente stimolante. Alla fine di ogni anno scolastico, mi ritrovo immancabilmente diversa, cambiata, rispetto al mese di settembre, e lo devo principalmente ai miei studenti. Abitare le aule di una scuola e insegnare vuole dire entrare in un rapporto di osmosi reciproca con gli studenti, con i ragazzi, che hanno sempre qualcosa da insegnare, una prospettiva interessante e fresca su fatti, situazioni, idee. Apprendo molto dai miei studenti, mi diverto con loro, qualche volta, però, mi arrabbio anche o mi abbatto. La vita scolastica è identica alla vita reale, ha momenti gloriosi e battute d’arresto, come pure periodi di crisi, ma merita sempre di essere affrontata e vissuta. È una palestra in cui ci si allena per affrontare la vita reale, ci si relaziona con gli altri e, attraverso le differenti discipline, si apprendono prospettive e conoscenze diverse e complementari sul mondo là fuori, in cui presto ci si muoverà da soli. Chi si trova a svolgere il ruolo dell’insegnante affianca i ragazzi in questo percorso, li ascolta, li osserva, li consiglia e sostiene, offre strumenti d’indagine, trasmette conoscenze e saperi, appassiona alla vita e allo studio (si spera!). Chi insegna è un allenatore, un traghettatore che è bene abbia uno sguardo proprio e vario sul mondo e abbia anche piedi ben saldi e radicati nella vita reale, sociale e culturale del proprio tempo. Il cinema, il teatro, le mostre, la lettura, lo sport e i viaggi sono ottimi liti, lungo i quali transitare per garantire alla propria mente apertura e freschezza. Nel quotidiano e nel tempo libero, cerco di gravitare il più possibile attorno a tutto ciò, a volte ci riesco, a volte arranco, ci provo comunque sempre e ricomincio spesso da capo. Decisamente non mi annoio, mi diverto, ma sono anche sempre in gioco e in discussione, come nella vita di ogni giorno.

2)  Perché ti sei cimentata nella scrittura di racconti e non di un romanzo?

Quando ho iniziato a scrivere i primi racconti della raccolta, tornavo alla scrittura dopo una lunga pausa che mi ero imposta per affrontare alcune vicissitudini personali. Prima di allora avevo scritto versi, articoli di giornale di vario genere, qualche racconto e i primi capitoli di alcuni romanzi. Credevo che la narrazione breve non si addicesse a me e al mio stile, perché non ho il dono della sintesi e nella stesura di un racconto è importante conciliare in poche righe e pagine ciò che si vuole narrare nello stile a esso più confacente. Non è cosa da poco e io ho sempre temuto tutto ciò, ho sempre pensato che non facesse per me, di non esserne in grado. Poi, però, non appena ho preso carta e penna – le ho realmente utilizzate – e sono tornata a scrivere, sulle mie pagine hanno fatto capolino i bizzarri personaggi di “Senza scontrino non si esce” e le loro strane storie. Inizialmente questo mi ha sorpresa e, a volte, sono stata diffidente, se non addirittura prevenuta riguardo ai possibili risultati. “Scontrino” dopo “scontrino”, tuttavia, ho scoperto che quella dimensione narrativa – il racconto breve – e la natura delle storie e dei personaggi, che essa ospitava, mi appartenevano e mi trovavo bene tra loro. È diventato pertanto ancor più naturale e divertente scrivere. Credo che non smetterò mai di dedicarmi alla scrittura di racconti o, meglio, “scontrini”, penso infatti che rappresentino una delle mie dimensioni narrative, una delle mie modalità di accedere alla narrazione di storie e vite. Poi chissà, magari mi sbaglio!

3)  Da cosa è nata l’idea di scrivere “Senza scontrino non si esce”, ce ne parli?

Come ho accennato nella domanda precedente, le vicende e i personaggi di “Senza scontrino non si esce” si sono imposti e sono emersi attraverso la scrittura in modo naturale e spontaneo. Nel periodo in cui ho iniziato la stesura dei racconti, in effetti, mi mettevo a scrivere e si presentavano a me quei bizzarri personaggi. Così sono arrivati Ermenegilda, Dimitrji, don Ernesto Lauria e Giovanni del foro, i protagonisti dei primi cinque racconti della raccolta, con le loro strane storie, che talvolta sembravano addirittura assurde. Allora ho compreso che le vicende che avrei narrato sarebbero state tutte così, bislacche quanto i loro personaggi, che si sarebbero presentati e fatti cogliere in un loro ben preciso momento esistenziale, quello della scelta, del bivio in cui si erano trovati per risolvere un problema, affrontare un cambiamento, salvarsi o dannarsi. In quello stesso momento è arrivato anche il titolo della raccolta, che, fortunatamente, è piaciuto all’editore e oggi campeggia sulla copertina del libro, dove il termine “scontrino” è una metafora dei piccoli o grandi ostacoli che ciascuno di noi si trova ogni giorno a affrontare.

4)   Che progetti hai per il futuro? Tra di questi c’è un altro libro?

I progetti sono sempre molti, articolati e impegnativi; non sempre è facile conciliare il tempo della scrittura con quello della vita reale e del lavoro, ma ci si prova, facendo delle scelte. Attualmente sto ultimando la stesura del mio primo romanzo, è una storia in cui credo molto, che ha bisogno di molte cure e energie e in questo momento ha la priorità su tutto, anche sugli “scontrini”, che comunque ogni tanto fanno capolino nella mia mente e io prendo nota, metto da parte, per sviluppi futuri, quando tornerò a loro e magari ne nascerà una nuova raccolta o (mi piacerebbe molto) una riedizione ampliata di “Senza scontrino non si esce”. Ogni tanto scrivo anche qualche verso e lo metto da parte. Nei miei pensieri c’è anche la scrittura drammaturgica, cui vorrei dedicare presto tempo e energie. Ultimamente ho rivisto e ampliato un corto teatrale, che affronta il tema della violenza contro le donne, cui tengo molto e che ora è in lizza in concorso. È un testo duro, crudo, cui ho pensato e lavorato negli ultimi anni e che vuole essere una visione realistica, sebbene parziale, di questo urgente e complesso problema sociale. Non so se piacerà e come andrà il concorso. Naturalmente, mi piacerebbe che un giorno questo testo approdasse a un teatro, anche per una semplice lettura scenica. Si vedrà. In ogni caso, vorrei cimentarmi ancora nella scrittura drammatica. Vedremo che cosa accadrà una volta terminato il romanzo.

5) La domanda d’obbligo per noi dello staff di Zebuk: che libro hai sul comodino?

Sul mio comodino in questo momento ci sono “I difetti fondamentali di Luca Ricci: ebbene sì, racconti e che racconti! Ricci, maestro indiscusso nell’arte della narrazione breve, in questa sua ultima raccolta ritrae quattordici scrittori, partendo dai loro vizi e difetti. La lettura è accattivante per le storie narrate e il loro stile. Per ora posso dire che Lo scomparsoè il racconto che mi è piaciuto più degli altri, perché mi ha letteralmente spiazzata. E la letteratura deve fare soprattutto questo, mischiare le carte, confondere, insinuare dubbi e incrinare certezze. Ho letto però soltanto metà raccolta; sicuramente i racconti di Luca Ricci mi riserveranno altre piacevoli sorprese! Li consiglio!

6) E per finire volevo chiederti qual è il tuo libro preferito?

Devo rispondere? C’è una domanda di riserva? Una domanda più facile? Al di là delle battute, non è semplice rispondere: nella vita di un lettore ci sono molti libri prediletti a seconda dei generi, degli autori, dei periodi storici o delle fasi esistenziali. Provo comunque a trovare una risposta sensata e coerente. Credo in assoluto di avere amato e amare “Trilogia della città di K” di Agota Kristof, perché è un romanzo che, fino all’ultima pagina, decostruisce sistematicamente le minute certezze del lettore, è scritto in uno stile serrato e asciutto, in alcuni punti addirittura crudo, è un’opera singolare e unica, di cui consiglio vivamente la lettura. Ha lasciato un segno profondo in me, è difatti un romanzo che ho regalato più volte e che, lo confesso, avrei voluto scrivere…                            Grazie per l’ospitalità, Angela, un saluto a te e ai lettori di Zebuk, a presto.

Grazie a te Flavia e a risentirci all’uscita del tuo romanzo.

Classe 1972, mamma di due adolescenti, moglie, assistente personale del direttore di una casa editrice, segretaria di una scuola di musica, amante dei libri e della musica.

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