Orologi rossi, Leni Zumas

I bambini un tempo erano astrazioni. Erano Forse sì, ma non adesso. La biografa prima assumeva un’aria di scherno quando sentiva parlare di scadenze biologiche, credendo che l’argomento dell’ossessione della maternità fosse robaccia per le riviste di stile. Le donne che si preoccupavano di orologi ticchettanti erano le stesse che si scambiavano ricette del polpettone al salmone e chiedevano ai loro mariti di pulire le grondaie. Lei non era e non sarebbe mai stata una di loro.

La recensione di Orologi rossi, Leni Zumas

Quattro donne alle prese con la loro coscienza, i pregiudizi della gente e  la maternità : negata, malvissuta o non desiderata, in un futuro ipotetico dove l’aborto è illegale e la fecondazione artificiale lo sta per diventare.
Ro, insegnante, e biografa nel tempo libero, cerca di avere un figlio pur essendo single, attraverso l’inseminazione artificiale da donatore , tale pratica sta per essere proibita e anche l’adozione per chi non è sposato, quindi la donna vive nell’ossessione di non portare a termine quella che per lei è diventata una missione.

“Non funziona con tutte”, disse il dottor Kalbfleish al loro primo appuntamento. “E lei è ben oltre i quaranta”.
Donna che è secca e brutta. Donna vecchia brutta e crudele. Specie di strega. Mìnervudottìr aveva quarantatre anni quando morì; la biografa ne compirà quarantatre ad aprile. Befane fino al’osso.

La moglie, donna infelice, seppur madre di due bellissimi bambini si sente intrappolata in un matrimonio apparentemente perfetto che non la appaga, e pensa a cosa avrebbe potuto essere la sua vita se non avesse rinunciato alla carriera di avvocato per dedicarsi anima e corpo ai figli.

Prima di avere figli si immaginava la maternità come una giubilante simbiosi. Non pensava mai che avrebbe anelato a passare del tempo lontano da loro. E’ atroce ammettere  che non sopporta la simbiosi ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Lo stesso senso di colpa che le ha impedito di mettere John all’asilo nido: non vuole che sia vero che vuole stare lontana.

Mattie, “la figlia”, è una giovane studentessa che resta incinta e si dibatte tra mille dubbi sulla sorte del figlio che porta in grembo, lei infatti è stata adottata e se ne parlasse con i suoi genitori sicuramente le vieterebbero di abortire.

In terza media, nelle ore di educazione civica, avevano fatto una simulazione di dibattito sull’aborto. La figlia aveva preparato gli elenchi puntati per il gruppo a favore. Suopadre aveva rilettoil suo lavoro, come al solito; ma invece del solito”Eccellente” si era seduto accanto a lei, le aveva posato una mano sulla spalla e si era detto preoccupato per le implicazioni della sua posizione.
“E se la tua madre biologica avesse scelto di interrompere la gravidanza?”
“Be’, lei non lo ha fatto, ma altre persone dovrebbero averne la possibilità”

Gin è una guaritrice ed erborista che vive nel bosco, una specie di strega per gli abitanti del luogo,  cerca di aiutare clandestinamente  le donne a curare l’infertilità o ad abortire, e verrà arrestata per questo, anche lei è stata madre, ma la figlia  non è più con lei.

Non dovrebbe farsi notare mentre cerca di vedere la ragazza. la gente è già convinta che sia una svitata, la bislacca della foresta, una strega. E’ più giovane delle fattucchiere con la scopa che si vedono in tv, ma questo non impedisce loro di sparlare.

 

La mia opinione su Orologi rossi, Leni Zumas

Un romanzo che affronta temi molto scottanti, all’inizio si fa fatica a inquadrare i personaggi per i frequenti cambi di narrazione, ma pian piano l’autrice ci fa entrare nella mente delle quattro protagoniste e  riflettere con loro su quanto sia importante che ognuna possa scegliere liberamente e  secondo la sua coscienza.

Orologi rossi
Leni Zumas
Bompiani, 2018, p. 400, €. 18,00

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over quaranta, mamma, geometra e creativa con una fresca passione per il web e una vecchia passione per i libri in tutte le forme sia cartacea che digitale

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