Zia Favola. Una storia siculish, Cono Cinquemani

Mi chiamo Favola Cinquemani e chista è la mia storia. Dicunu chi parru siculish, halfu miricano e halfu siciliano.

La storia di Zia Favola è la storia di tante zie, nonne e parenti vari, che nell’epoca dell’emigrazione italiana verso l’America ha portato verso un nuovo futuro tante persone che sognavano di migliorare la propria esistenza, di trovare un paese dove realizzare i propri sogni (e magari i propri ideali), di costruire una vita bella, ricca, piena.

Dovremmo leggerla in tanti.

E meditare.

La recensione di Zia Favola. Una storia siculish di Cono Cinquemani

Sei un michisi di lingue e di culture con la responsabilità di proteggere questa ricchezza, non permettere di rompere il bricciu della tua storia. Ricorda che per ogni bricciu che cade qualcuno altro mette un bricco per costruire muro tra popolo.
(Non permettere a nessuno di rompere il ponte con la tua cultura di riferimento. Ricorda che per ogni ponte che cade, qualcun altro mette un ponte per costruire un muro)
(dedica di Zia Favola alla nipote)

Ad una prima lettura non è così semplice comprendere il linguaggio di Zia Favola, ma basta farci un po’ l’orecchio, ascoltarla mentre racconta delle speranze del suo viaggio verso la Merica, dell’avvistamento di Novaiorca, delle ghelle che accompagnano la sua traversata per affezionarsi a Favola e alla storia dei tanti emigrati che in America hanno trovato fortune più o meno reali.

La storia di Favola Cinquemani, che nel giorno del suo settantesimo compleanno si regala una macchina da scrivere per raccontare la sua storia, è una testimonianza preziosa, che fa riflettere su quanta ricchezza si possa acquisire dalla diversità, su quanto l’emigrazione abbia a che fare con la storia dell’intera popolazione della terra, su quanto i muri di cui parla zia Favola siano più che reali anche oggi, sebbene non siamo più alla fine dell’Ottocento…

Il mio parere su Zia Favola. Una storia siculish di Cono Cinquemani

«Favola chista è la vistina bona. Non è per la partenza ma è per quannu arrivi! Quannu supra a navi sentirai “Merica, Merica, Merica!” sinni subitu nella branda. Lavatri cu l’erba bianca, punci un dito e schiaccialu nella fungia. Devi sembrare ancora chiù bedda di come sei. Pigghia sta vistina, stringila alla vita, copri li spaddi e fatti il segnu della cruci»

(«Favola, questo è il vestito delle grandi occasioni. Non è per la partenza ma devi indossarlo quando arrivi! quando sulla nave sentirai “America, America, America!” secndi subito nella stanza. Lavati con l’erba bianca, pungiti un dito e schiaccia il sangue sulle labbra. Devi sembrare ancora più bella di come sei. Stringi il vestito alla vita, copriti le spalle e fatti il segno della croce»)
(le raccomandazioni di mamma Maria e zia Cettina prima della partenza di Favola)

Zia Favola è una di quelle donne che avrei voluto avere come vicina di casa. In realtà una vicina del genere ce l’ho già, lei era emigrata in Scozia ma l’effetto è molto simile: un mix di dialetto lucchese e parole inglesi deformate che fa sorridere e suscita una tenerezza incredibile…

“And then sono ita al negozio fishendcips che io workavo lì…”

Zia Favola parla anche lei così, mescolando l’italiano, il siciliano e l’inglese americano, creando la lingua “siculish”, nata proprio in occasione delle emigrazioni siciliane in America a fine Ottocento. Una lingua a parte, che racconta storie di speranza, di voglia di fare, di fiducia nel futuro. Una lingua a cui Cono Cinquemani ha dedicato questo primo romanzo – che spero proprio abbia un seguito – con l’intento di far riflettere “sul fenomeno che, ieri come oggi, porta popolazioni migranti ad abbandonare la propria terra e calcare suoli stranieri non sempre ospitali”.

Il racconto della giovanissima Favola, che mamma Maria Nicolosi detta La Tirara e Giuseppe Cinquemani detto Vinurussu, fecero salire su uno stimbuttu in partenza per la Merica, è pieno di emozioni e di episodi che sono piccole storie dentro la storia: il fidanzamento a distanza con un giovanotto a modo per poter partire per l’America, la conoscenza con due sorelle con la stessa destinazione, i timori, le paure, la permanenza obbligata ad Ellis Island, l’isola delle lacrime, il promesso sposo Michele che non manca un giorno di visita finché Favola non guarisce e può finalmente uscire dall’isola della quarantena…

Una storia che ho amato, che mi ha donato tanta tenerezza e che mi ha confermato l’importanza dell’accoglienza dello straniero, del sapersi adattare a realtà diverse dalla propria, del contribuire insieme alla costruzione di un mondo migliore e di una pace che sia davvero per tutti.

Zia Favola. Una storia siculish
Cono Cinquemani
Aut Aut Edizioni, 2019, pag. 152, € 14,00
ISBN: 978-8894243741

Polepole è Silvia, lettrice affamata e da poco tempo molto selettiva, geometra, architetto, perenne studente della vita. Sono nata nel 1973, in un soleggiato ultimo giorno di aprile, ho un marito e due figli meravigliosi, che riempiono la mia vita di emozioni belle. Passerei l’intera esistenza sui libri, con tazza di cioccolata fumante al seguito, senza distogliere lo sguardo se non per farmi conquistare dalla copertina di un altro libro.

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