Quando fu in grado di assumere cibo solido, Giovanni si lasciava rimpinzare felice. Ma un giorno rifiutò il boccone. Chiuse la bocca e la riaprì solo per dire solennemente: “Oppa Oba”.
“Che ha detto il bambino?”
“Troppa roba” sussurrò la madre.
Troppa roba. Aveva avuto una visione del futuro dell’umanità?
E’ uscito ieri in libreria Il digiunatore di Enzo Fileno Carabba un libro che racconta La vita di Giovanni Succi, il più grande digiunatore di tutti i tempi.
La recensione di Il digiunatore, Enzo Fileno Carabba
Per questo gli piaceva digiunare: fronteggiava Oppa Oba, cercava di raggiungere l’essenziale. Per questo gli piaceva stare in una gabbia, replicando condizioni di vita sempre identiche. Per sconfiggere l’ubiquità.
Il digiunatore racconta la storia di Giovanni Succi, digiunatore (per vocazione e per spettacolo) che ispirò un racconto di Kafka. Con forza immaginifica e documentazione sorprendente, Carabba racconta e inventa le incredibili vicende di questo personaggio storicamente esistito, che incrociò Freud e Salgari, i viaggi di esplorazione e il circo, intercettò la nascita del cinema, del socialismo e della psicanalisi. Carabba ci porta con maestria nel mondo delle carovane e dei prodigi, in un percorso tra spiritismo e ascetismo, abitato da saltimbanchi, freaks e profeti.
La mia opinione su Il digiunatore, Enzo Fileno Carabba
“Il vuoto mi dà vita” ripeteva lanciando la mazza ferrata sempre più in alto nel cielo di Milano verso le guglie del Duomo. (…) C’erano troppe cose da dire. Quante verità! Tutte belle.
Lui chi era? Il vuoto al centro.
Ho conosciuto Enzo Fileno Carabba leggendo il suo Con un poco di zucchero, un bel po’ di tempo fa e quanto mi è piaciuto, quanto. E’ stato come entrare in un mondo incantato ma reale, una sensazione stranissima.
Tornando a Il digiunatore, ci è stata data la gentile possibilità di leggerlo dalla casa editrice Ponte alle Grazie e mi sono buttata a capofitto in un mondo che è parso ancora una volta ‘altro’.
Enzo Fileno Carabba ha davvero il potere di condurci nel lato magico del mondo, di farci vedere le cose quotidiane con occhi e lenti speciali, che intrecciano la realtà col sogno e con una meraviglia incantata. Il suo racconto della vita di Giovanni Succi è stato così: una fiaba intensa e magica, ma vera, con tanto di documenti e approfondimenti. Solo che ci sono tanti modi di esporre il solito fatto, giusto?
Misticismo, follia, filosofia, fisica, spiritismo e medicina, lavoro, pagnotta da guadagnare, amore, storia: la Vita, insomma, quella quotidiana in cui tutti siamo immersi, e che a volte riempiamo, rimpinziamo, per coprire certe ‘buche’, certi avvallamenti fastidiosi che non vorremmo nemmeno sentire. E aggiungiamo, aggiungiamo…
“Oppa Oba”, avrebbe detto anche se fosse vissuto oggi, Giovanni Succi. Oppa Oba.
Manovrato dalle forze che lui stesso scatenava, Giovanni Succi ha provato a conoscere sé stesso, ma l’impresa si è rivelata impossibile. La sua grandezza è che se ne è reso conto. Allora ha cercato in tutto il mondo qualcuno che gli spiegasse chi era.
Chiudo le ultime pagine del libro e, come molti, mi chiedo: sulla scia di una lettura come questa, in un’epoca che mescola materialismo, consumismo e minimalismo, in giorni che raccontano ancora pandemia, virus e poche certezze, di cosa, davvero, siamo capaci di fare a meno, tutti noi? Cosa sappiamo abbandonare per migliorare il senso della nostra vita? Di quali zavorre siamo capaci di alleggerirci? Di quale digiuno saremmo capaci? Quale potrebbe essere il nostro salutare e rivelatore #fareameno?
Torneremo su questo libro, torneremo su questo argomento. Statene cert*.
Il digiunatore
Enzo Fileno Carabba
Ponte alle Grazie