La sposa liberata, Abraham Yehoshua

Se avesse previsto che anche quella sera, sulla collina dei matrimoni del villaggio, avvolto dal profumo dell’antico fico che stava accanto al tavolo come uno degli ospiti, sarebbe stato preso dall’angoscia per il fallimento e l’occasione perduta, forse si sarebbe mostrato più pronto e deciso a sfuggire a Samaher. La petulante e ambiziosa studentessa del master, infatti, non contenta di un invito scritto e a voce, ha provveduto a organizzare un minibus speciale. Poi ha insistito con il nuovo capo del dipartimento perché tutti i docenti partecipassero alle sue nozze: non solo come gesto di omaggio verso di lei, ma verso tutti gli studenti arabi senza i quali, sosteneva sfacciatamente, il dipartimento di Lingua e letteratura araba non avrebbe goduto di alcuno status particolare all’interno dell’università.

Note sul libro

Un matrimonio può finire per molti motivi, ma Yohanan Rivlin, professore di storia mediorientale a Haifa, è convinto che a causare il divorzio del figlio Ofer sia stato un segreto nascosto. Da quando la moglie, Calia, lo ha ripudiato, sono passati cinque anni e Ofer non ha ancora superato il trauma. Cosa lo tiene incatenato a lei, cosa genera tanta sofferenza? Ignorando la calma e la razionalità della moglie Haghit, giudice distrettuale, Rivlin si macera nell’ansia, incapace di sopportare l’infelicità del figlio. E quando scopre che il padre di Calia è morto improvvisamente, ne approfitta per riannodare i legami con la famiglia dell’ex nuora. Iniziano così le sue visite, e le sue indagini, nell’albergo di proprietà del defunto, a Gerusalemme, dove l’altra figlia, Tehila, comanda adesso con piglio manageriale. Visite e indagini di cui Haghit e Ofer non devono sapere nulla. Ma il professore ebreo non riuscirà a risolvere il mistero da solo, e gli arabi, temuti e amati, arriveranno ad aiutarlo. Oggetto dei suoi studi, gli arabi assumono per Rivlin la funzione di catalizzatori: accelerano gli eventi.
Così Rashed, il messaggero-autista, e Fuad, il capocameriere-poeta, s’incaricano di rendere giustizia al povero Ofer, che né la Storia né il Diritto, né Rivlin né Haghit, possono aiutare. Ambientato tra il 1998 e il 1999, quando ancora erano vive le speranze di pace, e l’Autonomia palestinese compiva i primi passi in Cisgiordania, La sposa liberata è un’allegoria potente del destino di due popoli sempre in guerra, e conferma ancora una volta la maestria narrativa e poetica di Abraham Yehoshua, ponendo lo tra i maggiori scrittori della letteratura mondiale.

Yehoshua ha una grande capacità: quella di mescolare, nei suoi romanzi, vicende private, piccole storie quotidiane, con grandi vicende collettive.
Succede anche in questo caso.
Con la doppia ricerca di una verità, pubblica e privata.
E per farlo deve indagare il passato, l’unico modo secondo il suo protagonista per costruire qualcosa di buono nel presente.

Un romanzo sicuramente difficile, impegnativo.
Ma prezioso come un gemma rara.
Uno di quei libri da inserire sicuramente nella lista dei romanzi da leggere prima di morire.

 

La sposa liberata
Abraham Yehoshua
Einaudi (Supercoralli), 2002, 592 pag., € 19,00
ISBN 9788806163709

40enne, mamma di una ex Vitellina, moglie di un cuoco provetto. Le mie passioni: lettura e scrittura. E ZeBuk. Fresca Expat in quel di Londra, vago come un bambino in un negozio di giocattoli nei mercatini di libri usati. Forse è questo il Paradiso!

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