Donne sopra le righe: intervista a Luana Troncanetti

La vecchia morì tre giorni dopo, erano già due settimane che conoscevo Carmen. Stappai la Falanghina al buio, da sola, come da proposito della brava figlia che ero. Scolai l’intera bottiglia senza particolare rimorso, ma piansi tutto il tempo. Più tardi vomitai pure le budella sul tappeto del soggiorno, nel silenzio di una casa che fino al quell’istante era sembrata senza assenze. Piena di me, mi era sempre bastato questo.

Mia madre era morta, l’assenza me l’ero procurata finalmente.

Lo fece davanti ai miei occhi, mentre le sistemavo il cuscino sotto la testa mi sorrise e poi spezzò il respiro con un rantolo che mi gelò il sangue. Avrebbe dovuto farlo davanti a mio fratello e invece stavolta scelse me. L’ultimo dispetto, forse. O magari l’unico gesto d’amore della sua vita.

Restai a fissarla per un po’, inebetita.

Non è possibile, cazzo, dio ti ringrazio. Pensai esattamente queste parole, in rapida successione, proprio in quest’ordine e mi sentii meno cattiva
(Carmen, Luana Troncanetti)

Oggi parliamo di noi donne e di una malattia: il cancro. Ne parliamo perché oggi è un giorno speciale, che in America è già diventato Giornata Nazionale del tumore metastatico. Ce lo spiega meglio, ci spiega perché è così importante la nostra amica Luana Troncanetti, La Staccata, che nell’ultima edizione del Premio Letterario Donna sopra le Righe, in veste di autrice, si è classificata al primo posto nella sezione Racconti Lunghi. 
Ecco l’intervista che le abbiamo fatto:

Complimenti, Luana: hai vinto un premio prestigioso! Ce ne parli?
Ti ringrazio per i complimenti e ti racconto di una gioia che ha radici emozionali profonde, scavalla il mero appagamento di scrittrice.
Lo scorso 1 ottobre mi sono classificata al primo posto nella sezione Racconti Lunghi del premio letterario Donna sopra le Righe con Carmen. Il presidente onorario del concorso è Andrea Camilleri, sostiene questa iniziativa da otto anni.
Fra i giurati, oltre a due docenti in lettere, una editor del gruppo De Agostini, una Psicologa e Psicoterapeuta, c’era anche Maria Luisa Bigai. Regista, direttrice artistica della cerimonia di premiazione, drammaturga e collaboratrice storica del Maestro Camilleri, è stata proprio lei a interpretare uno stralcio di Carmen con un’intensità che mi ha commossa fino alle lacrime. Il premio è un riconoscimento prestigioso per questi motivi, ma non sono gli unici. Cercherò di approfondirli nelle risposte successive.

Non è il primo premio letterario che vinci, però mi sembra di capire che è molto importante per te. Ci spieghi perché?
Non mi sono mai sottoposta a chemioterapia, non ho vomitato, non ho vissuto la paura direttamente sulla mia pelle, non ho perso i capelli o la speranza di vivere. Però ho affiancato persone che amavo molto in questo percorso spaventoso, lo sto facendo anche in questo periodo con un’amica. Raccontare rabbia, dolore, frustrazione e anche speranza tramite Carmen mi ha consentito di espellere parte di un dolore che non ho ancora superato.
Mio padre, l’ho perso tre anni fa. L’unica cosa che ho potuto fare per lui è stata quella di fargli respirare positività e risate, il più possibile, fino al suo ultimo respiro, anche se sapevamo entrambi che gli era rimasto poco da vivere.
Partecipare a questo concorso è stato terapeutico. Anche se la narrazione è frutto della mia fantasia, nel racconto sono presenti elementi reali. Poterli esternare mi ha fatto bene. Non è possibile, cazzo, dio ti ringrazio. Queste le parole che mi sono salite alle labbra quando mio padre ha smesso di respirare, è successo davanti ai miei occhi. A pronunciarle in Carmen è Grazia, la voce narrante, anche se per motivi diametralmente opposti ai miei.

Sapevi in anticipo di aver vinto o è stata una sorpresa?
No, come da regolamento sapevo soltanto di essere nella rosa dei tre finalisti. Devo essere sincera? Non riuscivo a comprendere appieno il senso di questa clausola. L’ho capito all’ingresso della sala Fellini di Chianciano Terme. Una delle signore preposte all’accoglienza ha estratto, fra i tanti, un attestato di partecipazione. Sopra c’era scritto il mio nome e una didascalia che mi ha mozzato il respiro: 1˚ Classificato Sezione Racconti Lunghi. Me l’ha consegnato con un sorriso, poi si è commossa quando mi ha vista scoppiare in lacrime. Conoscere in anticipo il risultato mi avrebbe scippato il 90% di quell’emozione.

Come nasce questo premio? Chi lo organizza e perché?
Il concorso è promosso dall’Associazione iosempredonna – onlus . Costituita nel febbraio 1997, opera per diffondere la cultura della prevenzione e sostenere le donne che vivono o hanno vissuto l’esperienza del cancro al seno. Donna sopra le Righe non si risolve in una mera competizione letteraria, vincitori non sono quelli che sanno usare la penna con maggiore abilità. Vincitore è chiunque trovi la forza di raccontarsi, infondendone così a quanti lo leggeranno. È questo spirito di condivisione che rende il concorso così speciale.

Ma tu credi che la scrittura possa, in qualche modo, combattere il cancro? Esiste addirittura una sezione speciale nel premio: Racconto Ironico. È davvero possibile ridere del tumore?
Non è da tutti riderne, non è certamente semplice, ma è possibile. La scrittura rappresenta una costola emozionale della terapia, ne è parte integrante. Non ha il potere di far regredire una metastasi, questo è pacifico, ma aiuta a esorcizzare la paura.
Il testo vincitore di quest’anno, Intermezzi – di Maria Sordino, narra di una donna che non riesce più a trattenere la pipì. È sdraiata su una barella, sta per entrare in sala operatoria, un’infermiera le assicura che sotto anestesia non avvertirà più alcun bisogno. Non deve alzarsi per nessuna ragione, imperativi ordini medici, ma lei non ne può davvero più. Della sua vescica gonfia, mica del cancro! E allora si impunta: se non mi fate fare pipì, io questo tumore non me lo faccio togliere, eh!? 
Il registro, divertentissimo, sfocia in un delizioso attimo di liberazione finale. Risate a scena aperta, mentre un’attrice fantastica leggeva le parole di Maria in sala. Si può addirittura ridere del tumore, te lo assicuro per esperienza personale. Anche Andrea Camilleri è convinto che scrivere può far parte della terapia e del percorso di guarigione. Si può forse contraddire un Maestro come lui?

Parliamo di donne. Lo staff fondatore di ZeBuk è composto di sole donne e questo è un tema che teniamo sempre in evidenza. Ci parli delle donne che hanno partecipato con te al premio?
Una puntualizzazione è doverosa: non si tratta di un evento tutto al femminile. Gli uomini erano presenti in qualità di partecipanti al concorso e in sala, seduti al fianco delle loro compagne. Il primo classificato per la sezione Racconti Brevi si chiama Andrea Carloni. Il suo Non guardare verso il mare è soltanto una delle tante testimonianze dell’altra metà del cielo. Sono finestre che guardano il tumore da un’altra prospettiva, non per questo meno toccanti.
Ho incontrato delle leonesse a Chianciano Terme. Lottano (o hanno lottato) tutte contro quel bastardo, come lo definisco io. Pinuccia Musumeci è la presidentessa di iosempredonna, qui ci sono gli obiettivi della sua Onlus. Il concorso letterario era inserito in una tre giorni di eventi legati non solo alla prevenzione della malattia e al confronto di esperienze. Ho ascoltato anche la voce delle donne con il tumore al seno metastatico.
La signora Musumeci ha concluso l’incontro del 2 ottobre con le blogger che si raccontano su Lottare, vivere, sopravvivere con questo messaggio: “Vent’anni fa, quando mi sono ammalata io, scoprire di avere un cancro significava morte certa. Non è stato così. Oggi, quando si parla di metastasi, significa di nuovo morte certa o immediata. Non è così, si possono tenere sotto controllo, si può sopravvivere.”
Lo sapevi tu? Io no. Ho scoperto che in America 9 donne, appena 9, hanno marciato davanti alla Casa Bianca. Grazie a loro, il 13 ottobre è stato riconosciuto come la giornata nazionale del tumore metastatico. In Italia, le metastatiche raggiungono il numero di 30.000 unità. Molte sono giovani, altre hanno una famiglia, un lavoro, figli ancora piccoli, ma non si parla granché della loro esistenza e delle loro storie.
Ma loro ci sono, eccome. Hanno creato MBC Italia, una comunità per far ascoltare la loro voce. La presidentessa si chiama Domenica Panaccione, Mimma per gli amici. Difficilmente ho conosciuto una donna più vitale di lei, possiede un carisma e una simpatia travolgenti. Vuole, fra le altre cose, che anche in Italia il 13 ottobre diventi il loro noi ci siamo.
Ci sono, l’ho raccontato alla mia amica ammalata di cancro, le ho detto di aver conosciuto una donna che convive da ben 17 anni con le metastasi. L’informazione non servirà a farla guarire, per questo ci stiamo attrezzando, ma a potenziare il suo spirito da guerriera, sì. Ne sono certa.

Come si può acquistare l’antologia?
Chi fosse interessato all’acquisto, può inviare una richiesta a iosempredonna@libero.it specificando:

  • l’indirizzo presso cui deve essere recapitata
  • effettuando un bonifico bancario di 25 euro (22 per il libro e tre per spese postali come raccomandata/piego libro)
  • inviando nella mail di richiesta Antologia, copia del bonifico effettuato
  • IBAN IT 07 T 08670 25604 000000400491 – Beneficiario: Associazione iosempredonna onlus

C’è qualcosa ancora che vorresti dire, qualcosa che mi è sfuggito?
Sì. Vorrei parlarti di Carmen. L’incontro nella sala break che apre il racconto è autentico. È successo circa tre anni fa, in un reparto oncologico, il distributore automatico mi aveva fregato gli ultimi spiccioli. Questa ragazza è sbucata dal cono d’ombra di una lampada al neon, mi ha posto una domanda bizzarra dopo avermi offerto il caffè.
“Per chi sei qui” e non “come mai”, mi ha chiesto.
Ho risposto: “Mio padre”, senza aggiungere una sillaba.
Di lei mi colpì un particolare: il lucidalabbra color albicocca, spiccava sul volto pallido. Aveva le labbra carnose, la testa calva coperta da un foulard a fiori, sorrideva dolcemente. Lei, vent’anni e un cancro a spezzarle la vita, disse a me di farmi coraggio. Non è giusto, ho pensato. Non è giusto… Anche se adoravo mio padre, per giustizia d’età trovai innaturale che lei confortasse me. Innaturale e commovente. E ho provato vergogna per la mia debolezza.
Ero stanca, sfinita dal sorriso che mi imponevo per la mia sopravvivenza mentale, oltre che per quella di mio padre. Ero distrutta dalla mia stessa forza, dalle lacrime che ingoiavo per non impazzire. Lei se n’è accorta. Non dimenticherò mai Carmen, è il suo vero nome. Spero con tutto il cuore che ce l’abbia fatta. È stato un incontro di pochi secondi, eppure mi ha regalato il coraggio che stavo perdendo.

Quando hai a che fare con l’universo cancro succedono miracoli come questo. Basta un cenno del capo o una frase per capirsi. Gesti insignificanti per alcuni, ma non per chi combatte contro il bastardo.

Ho rivissuto tante emozioni lo scorso 1 ottobre, insieme a tutte quelle leonesse e ai familiari che stanno lottando insieme a loro. Perfetti sconosciuti che sanno, più di quanto le parole possano raccontare. La condivisione di sorrisi abbozzati, abbracci o anche di lunghi discorsi che sgorgano spontanei. Fanno bene al cuore, curano più delle medicine.

È questa l’essenza di Donna sopra le Righe, il motivo che mi rende così orgogliosa di aver partecipato e persino vinto, il prestigio di cui ti parlavo in apertura di questa lunga chiacchierata.

Polepole è Silvia, lettrice affamata e da poco tempo molto selettiva, geometra, architetto, perenne studente della vita. Sono nata nel 1973, in un soleggiato ultimo giorno di aprile, ho un marito e due figli meravigliosi, che riempiono la mia vita di emozioni belle. Passerei l’intera esistenza sui libri, con tazza di cioccolata fumante al seguito, senza distogliere lo sguardo se non per farmi conquistare dalla copertina di un altro libro.

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