Nulla aveva senso, lì dentro. E se nulla aveva senso, allora era inutile cercare risposte. Questo ormai per lei era chiaro come il sole.
La recensione di Il violino di Auschwitz, Anna Lavatelli
Parlare dell’orrore di Auschwitz ad una bambina di dieci anni, come si fa? Farle capire qualcosa di una ingiustificabile follia che nemmeno gli adulti potranno mai capire, spiegarle la violenza, la crudeltà.
Non è possibile.
Ma ci sono violenze che bisogna conoscere, anche se sono davvero ignobili, per imparare a non ripeterle mai più. E a volte si trovano le vie giuste per farlo.
Il violino di Auschwitz mi è sembrato lo strumento giusto: in occasione della Settimana della Memoria lo abbiamo letto a piccole dosi e ne abbiamo discusso insieme.
“DER MUSIK MACHT FREI.”
[…] Chiudeva gli occhi, ripensando alla frase che le aveva scritto. E sentiva la musica entrare dentro di sé, regalandole la libertà sognata.
A raccontare la storia di Eva Maria Levy (Cicci) e della sua famiglia, è proprio il violino, un Collin-Mézin, il prezioso strumento donato alla bambina dal suo papà. La storia è autentica, come ci spiega Anna Lavatelli al termine del libro: il violino è stato trovato da un collezionista che – riconoscendo una stella di Davide incisa sul retro dello strumento – ha scoperto al suo interno un biglietto arrotolato, ha ricostruito la sua storia e quella dei suoi possessori e chiesto all’autrice di raccontarla in forma di romanzo. Per non dimenticare mai l’orrore e la follia.
Mia figlia ha letto, ha discusso, ha pensato e ripensato.
Ma continua a chiedermi perché.
Età di lettura: Da 8 anni
Il violino di Auschwitz
Anna Lavatelli
Interlinea (collana Le rane), 2018, pag. 88, € 6,80
EAN: 9788866991151