Io scrivo questo libro non tanto per il piacere di dare libero sfogo alle mie memorie, quanto per dichiarare apertamente che, se ancora oggi mi porto dietro un simile bagaglio di scontento e di amarezza, tutto ciò lo devo proprio a quella lunga, reiterata degenza, che ha fatto di me poco più che un manichino senza volontà …
Viviamo nelle parole di Alda Merini – dopo averne ascoltato la voce durante la visita al Museo della Follia – la vita tragica e assurda degli ospedali psichiatrici in cui si pretendeva di rinchiudere la follia fino a qualche anno fa, con la speranza che certe torture, certi maltrattamenti follemente gratuiti non si ripetano mai più.
La recensione di L’altra verità. Diario di una diversa, Alda Merini
Così in questo modo gentile adoperai il silenzio, e mi venne fatto di incontrarvi il mio io, quell’io identico a se stesso, che non voleva, non poteva morire.
Una poetessa meravigliosa, la Merini, che in questo libro, di poche ma profondissime pagine, rivive gli anni passati nei manicomi: per una semplice depressione, da giovane madre sola, con nessuno con cui parlare, sfociata poi in una sofferenza molto più pesante, la Merini chiese aiuto all’allora marito, che non seppe far di meglio che farla ricoverare. Ma il manicomio si rivelò un inferno e a farne le spese fu lei, insieme ai tanti malati di mente, non sempre rinchiusi per vere e proprie malattie…
Un racconto tragico e triste, con guizzi di vita inaspettata in luoghi dove tutto ci si immaginerebbe di trovare tranne che l’amore.
Il mio parere su L’altra verità. Diario di una diversa, Alda Merini
Il manicomio che ho vissuto fuori e che sto vivendo non è paragonabile a quell’altro supplizio che però lasciava la speranza della parola. Il vero inferno è fuori, qui a contatto degli altri, che ti giudicano, ti criticano e non ti amano.
Mi piace leggere le parole di questa donna, le sento sempre vicine, pur non avendo vissuto come lei, né avendo provato le sue tristi avventure. Il suo dono è quello di saper arrivare a toccare là in fondo al cuore, dove è difficile – di solito – fare breccia. Il suo dono è di aver provato e saper come raccontare emozioni forti, laceranti, immense.
Ogni parola di questo diario è una spada che colpisce: tocca i medici, che non hanno saputo affrontare i problemi dei pazienti con empatia, amore, passione per il proprio lavoro (che andrebbe considerato una missione); tocca i parenti dei pazienti, che si sono affidati ciecamente ai dottori e non sempre hanno provato a comprendere i problemi dei propri cari; tocca le istituzioni che hanno permesso l’uso di farmaci pesantissimi somministrati con la forza, gli elettroshock, le punizioni senza criterio e motivo; tocca tutti noi, “le persone fuori, che giudicano, criticano, non amano”.
Ma nulla è così feroce come la solitudine del manicomio. In quella spietata repulsione da parte di tutto si introducono i serpenti della tua fantasia, i morsi del dolore fisico, l’acquiescenza di un pagliericcio da cui sbava l’altra malata vicina, che sta più su. Una solitudine da dimenticati, da colpevoli. E la tua vestaglia diventa insostituibile, e così gli stracci che hai addosso perché loro solo conoscono la tua vera esistenza, il tuo vero modo di vivere.
Immagini che straziano, racconti che non si riescono a leggere tutti d’un fiato, per la violenza immotivata che dimostrano.
Va da sé che Alda è riuscita a suo modo a uscire da questo inferno, usando i suoi silenzi come raccoglitori di emozioni, distillando parole che sono pugni in faccia e carezze al cuore.
Ma il giorno che ci apersero i cancelli, che potemmo toccarle con le mani uelle rose stupende, che potemmo finalmente inebriarci del loro destino di fiori, oh, fu quello il tempo in cui tutte le nostre inquietudini segrete disparvero, perché eravamo vicine a Dio, e la nostra sofferenza era arrivata fino al fiore, e era diventata fiore essa stessa.
L’altra verità. Diario di una diversa
Alda Merini
BUR (collana Contemporanea), 2007, pag. 158, € 9,00
ISBN: 978-8817065351
Photo : avvenire.it