Tanto per cominciare, a noi non piace essere chiamati “rifugiati”. Fra noi ci chiamiamo “nuovi arrivati” o “immigrati”. I nostri giornali sono
giornali per “americani di lingua tedesca” e, per quanto ne so, non c’è e non è mai esistita alcuna associazione di persone perseguitate da Hitler la cui denominazione indichi che i suoi membri erano rifugiati.
La recensione di Noi rifugiati, Hannah Arendt
Noi rifugiati di Hannah Arendt è un saggio, scritto nel 1943, in piena seconda guerra mondiale.
Sono passati due anni dall’arrivo della Arendt a New York e la filosofa scrive di getto questa riflessione profonda, critica, sarcastica, acida e purtroppo più che realistica, basata sulla sua esperienza in prima persona.
È “una denuncia politica fortissima, dal suo punto di vista di rifugiata e apolide: un essere umano fuori dallo Stato e oltre il limite del diritto.”
Sembra che nessuno voglia sapere che la storia contemporanea ha creato una nuova specie di esseri umani – quelli che vengono messi nei campi di concentramento dai loro nemici e nei campi di internamento dai loro amici.
La mia opinione su Noi rifugiati, Hannah Arendt
Le parole della Arendt vanno dritte al punto, con la ferma volontà di far chiarezza sulla reale situazione in cui versavano lei e i suoi colleghi “nuovi arrivati”: sofferenza, emarginazione, non certo integrazione.
Leggendo queste poche pagine si ripropone frequentissimo il confronto con l’attualità, non così diversa pur essendo passati tanti anni.
Si possono fare mille riflessioni su queste parole, i fatti li conosciamo bene: cosa è cambiato da allora? Quali passi avanti sono stati fatti? Che si tratti di ebrei o di qualsiasi altra “minoranza” o altra tipologia di immigrati?
La risposta a ognuno di noi.
Noi rifugiati
Hannah Arendt
Einaudi, 2022, p. 112, €. 12,00