Il caffè non veniva bevuto tutto, rimanevano il sedimento e un goccio della densa bevanda. Con un gesto rotatorio del polso, il sedimento veniva trasformato in una pastella densa. Dapprima le rotazioni erano lente e misurate, poi si facevano sempre più ampie, fino a sporcare le pareti della tazzina. A quel punto il piattino veniva appoggiato sopra alla chicchera e con un movimento rapido la si capovolgeva. Dopo qualche minuto venivano rigirate e il piattino sporco di sedimento spostato più avanti sul tavolino, come a dire che non sarebbe più servito. Ogni donna stava ad osservare le ombre disegnate sulle pareti della propria tazzina, girandola lentamente per osservarla da varie angolazioni.
La cultura araba mi ha sempre affascinato. Per le sue contraddizioni, per le attenzioni e le distrazioni, per la cura maniacale per determinati particolari a cui noi occidentali facciamo davvero poco caso e che invece sembrano proprio così importanti.
Quando ho dovuto decidere una ricetta da presentare su Zebuk, ricetta che secondo lo spirito di questa rubrica doveva essere più che altro una “suggestione” – il calarsi in un particolare ambiente, in un dato momento, con una certa atmosfera -, non ho avuto dubbi: la descrizione della preparazione di questa bevanda, le cose e le persone che ruotano intorno all’oggetto del rito, i canti delle donne, il segreto della lettura dei fondi, il mistero, la bellezza… tutto questo ha contribuito alla scelta.
E anche se mi avevano detto che in realtà il sapore di questo caffè arabo non sarebbe valso la pena della preparazione, ho accolto la sfida.
Io il caffè lo preferisco come quello della madre di Qamar: intenso superiore ricco, così, letto tutto d’un fiato. E questa versione non è certo la più adatta a me.
Ma tant’è.
Ne è valsa la prova. Il profumo di cardamomo ha invaso la nostra cucina e io, per un istante, mi sono sentita così vicina a Qamar e a Leila, nella Grande Casa in Giordania…
Note sul libro
“Il caffè è un punto fermo nella vita di Qamar: espresso e vigoroso come lo beve la madre, ingentilito da un goccio di latte come piace al suo compagno, oppure fatto bollire tre volte, amaro e profumato di cardamomo, come ha imparato a berlo in Giordania. Da sempre Qamar è in equilibrio tra due mondi, ma lo ha scoperto solo il giorno del suo quattordicesimo compleanno, quando è diventata ufficialmente donna. Sottratta a ogni contatto promiscuo, costretta a una improvvisa separazione dagli amici, Qamar deve confrontarsi con le differenze profonde tra le due culture di cui è figlia. Eppure, nelle lunghe giornate trascorse con le donne di famiglia, impara a curare il corpo come ogni sposa deve saper fare, a cucinare, a essere seducente e insieme modesta. Ed è durante queste lunghe ore al femminile che viene introdotta all’antico, affascinante rituale del caffè: nonna, zie, sorelle, riunite nel salotto si scambiano confidenze e si preparano a conoscere il destino. Solo una, ogni giorno, è la prescelta per l’interpretazione dei fondi da parte di Khalto Sherin, che sa leggere nel sedimento i segreti del cuore e del futuro. Anni dopo, di fronte al dolore di una maternità mancata, Qamar sentirà la necessità di recuperare le proprie radici e ripensare alle parole ascoltate il giorno lontano in cui lesse la propria vita nel sedimento. Scegliere gli ingredienti del proprio caffè, deciderne aroma e intensità, significa capire che gusto vogliamo dare alle nostre giornate.” [fonte: Amazon]
«Fuoco alto, acqua – una tazzina per ogni persona -, quando bolle abbassi la fiamma […]. Tre cucchiai colmi di zucchero, lo fai sciogliere fino a quando diventa una melassa.» Mi guardò per assicurarsi che la stessi seguendo. «Quando l’acqua è leggermente opaca, metti tre cucchiai colmi di polvere di caffè», questa era la parte più difficile, fermò la macchina da cucire per proseguire nella spiegazione. Si voltò e mi fissò dritta negli occhi, con un sorriso divertito, la sua solita espressione di timido imbarazzo: «Immergi il cucchiaio e lasci che l’acqua divori la polvere mentre giri, stando attenta a non far uscire tutto. Alzi l’ibriq dal fuoco e lo tieni sollevato, in modo che la fiamma non sia troppo forte» […] «Deve bollire tre volte, ricordi?»
Il modo migliore per provare a preparare questa bevanda così particolare e suggestiva – per quello che significa, per la cultura particolare che porta con sé – è ascoltare direttamente le parole di chi lo fa da tempo, seguendo la tradizione, sempre allo stesso modo, con gli stessi gesti.
Leila è protagonista indiscussa di questo evento, ogni mattina: è lei che prepara il caffè per le donne, lei che mette sul vassoio i cinque bicchierini rovesciati, i cinque piattini impilati, lei che fa bollire tre volte (tre volte, ricorda!) il caffè nell’ibriq, lei che lo batte sul piano del tavolo per far depositare velocemente la polvere di caffè sul fondo.
Solo dopo entra in scena Khalto Sherin: la donna che legge nei fondi di caffè la vita, il cuore e il futuro delle donne. La più brava a leggerli, quella che riesce a individuare vizi e virtù di ognuna di loro, che dispensa consigli e buone parole… la tentazione di leggere i miei fondi è stata forte, così presa e coinvolta dall’atmosfera.
Ma quello che ho visto è un segreto che porterò con me! 😉
Il caffè delle donne
Widad Tamini
Mondadori (collana Scrittori italiani e stranieri), 2012, pag. 295, € 17,50
ISBN: 978-8804604228