«da qualche mese è comparsa una nuova clientela, composta in parte da giornalisti, in parte da cineasti e artisti venuti da tutta Europa per testimoniare la tragedia dei migranti. In certi momenti sembra quasi di stare nel leggendario Holiday Inn di Sarajevo, dove alloggiavano i corrispondenti di guerra durante l’assedio.»
Un reportage di stampo giornalistico su una zona di frontiera, Calais, da cui i migranti provano l’approdo alla Gran Bretagna.
«Di questa visita non dirò niente, né ora né dopo. Ci ho provato, ma è un posto che attanaglia. Occupa troppo spazio, è impossibile contenerlo nei limiti di pochi paragrafi»
La recensione di A Calais, Emmanuel Carrère
Calais è un luogo di frontiera, da cui i migranti tentano il passaggio verso la Gran Bretagna. Un po’ come ogni luogo di frontiera, è teso come corda di violino, con i migranti da un lato – stipati nella Giungla, la bidonville più Grande d’Europa – e i residenti dall’altro, costretti a convivere con una realtà difficile – impossibile? – da gestire.
“A Calais non c’è scelta, o sei pro o sei contro”: in un luogo così esasperato non valgono le mezze misure. E in effetti leggere quello che scrive Carrère è rimbalzare tra i pro e i contro degli abitanti, vedere le ragioni degli uni e degli altri. E perdere di vista la soluzione, sempre che ci sia, una soluzione.
Pro e contro migranti sono espressioni bizzarre. Pro migranti nel vero senso della parola non ce ne sono, dato che nessuno è favorevole ad avere alle porte di una città di settantamila abitanti una popolazione di settemila disgraziati ridotti allo stremo, che dormono in tende di fortuna, nel fango, al freddo e che ispirano, a seconda del carattere di ciascuno, apprensione, pietà o sensi di colpa.
La mia opinone su A Calais, Emmanuel Carrère
A Calais di Emmanuel Carrère non è un romanzo, non è un saggio, ma un reportage, un articolo un po’ più lungo scritto direttamente sul posto in una quindicina di giorni di permanenza: che scava, che parla di un luogo cercando di vederlo in un modo diverso da quello solito: parlando dei suoi abitanti. I migranti ci sono, come potrebbero non esserci? Ma non sono l’oggetto principale.
Perché, a rifletterci bene, per i migranti la situazione di estremo disagio descritta da Carrère è solo temporanea (prima o poi se ne andranno, troveranno una sistemazione, mentre per gli abitanti questo stile di vita è una condanna perenne. E questo significa essere costantemente sotto pressione, sotto osservazione, che si sia pro o contro: nessuno sta meglio dell’altro.
Difficile tenere l’emozione sotto controllo, dico solo questo.
Per il resto, Carrère è un grande scrittore, intelligente e scaltro, pulito e obiettivo, e credo proprio dovrei conoscerlo meglio.
A Calais
Emmanuel Carrère
Adelphi, 2016, p. 49, €. 7,60